mercoledì 29 dicembre 2010

Le voilà le metro

Hai voluto vedere Parigi, diceva quello. Io l'avevo già vista ma è stato un bel modo di togliersi di dosso un po' della ruggine formatasi nelle ultime ere geologiche. E' stato ovviamente il viaggio della Sofia, che ha fatto (giustamente) il bello e il cattivo tempo: la sua zucca ha immagazzinato una mole enorme di dati e vedremo cosa ne salterà fuori. Per il momento, sono certo che oltre ai monumenti e ai musei, la cosa che le è rimasta più impressa è stato il Metro. Come non capirla? Perdersi nel labirinto di linee, numeri e colori che si snoda sotto la città è un passatempo mica da ridere! E anche per noi vecchi mantiene un che di miracoloso: è da queste cose che si intuisce la forza (e al medesimo tempo la debolezza) del famoso genere umano. Ma questa è filosofia da quattro soldi, ed è sano lasciar stare certi discorsi. Dal mio punto di vista, oltre al piacere di tornare a biascicare francese dopo tanto tempo, devo dire che la mostra di Moebius è stata un bel regalo al me stesso adolescente. E che stavolta non passerà tutto 'sto tempo, prima di tornare a gironzolare per Belleville. E' una promessa.

domenica 26 dicembre 2010

Le voilà le parvenu

L'ultima (e prima) volta che sono stato a Parigi non avevo cellulare nè computer. Ah, non avevo neanche figli. Stavolta è tutto diverso. Voglio proprio vedere dove voglio arrivare.

venerdì 24 dicembre 2010

Hai voluto la bicicletta

E insomma, com'è, come non è, è uscito il nuovo lavoro (?) dei Jean Fabry, Le voilà le velò. E' stata la solita fatica bestia, più che altro il riuscire ad incastrare le ore passate al Dunastudio all'interno della cosiddetta vita reale. Però, come si dice abitualmente, ne è valsa la pena. Se quando ho cominciato a far finta di suonare mi avessero detto che sarei stato coinvolto in avventure come questa non ci avrei creduto. E' chiaro che il web ci ha messo un bello zampone: siamo uno dei triliardi di gruppi che pubblicano roba online, il nostro valore di mercato è prossimo all'attuale temperatura di Oslo (e mi son tenuto largo) ma chi se ne frega del mercato! Certo, la volpe e l'uva, eccetera, eccetera, però è comunque un risultato eccezionale per una famiglia disfunzionale come la nostra. Mal che vada sarà solo una terapia, solo una terapia...

sabato 18 dicembre 2010

A Carrot Is as Close as a Rabbit Gets to a Diamond

Caro Capitano,
dicono in giro che non ci sei più. Sarà. Secondo me, basta mettere su il disco della trota e tu ci sei, eccome se ci sei. Chissà quante volte ti hanno fischiato le orecchie, da quando hai appeso il blues cubista al chiodo. Dicevano che eri il più matto di tutti, o il più grande. Che differenza c'è? Boh. Ad ogni modo, ogni volta che ci si imbatte in qualche cosa di veloce e bulboso salti sempre fuori tu. E il motivo c'è, credimi.

martedì 14 dicembre 2010

mercoledì 8 dicembre 2010

2010, musica

Vabbè, insomma, questi sono i dischi di quest'anno che ho ascoltato di più.

A.A.V.V. - Dio Valzer
Baustelle - I mistici dell'Occidente
Dirty Projectors + Bjork - Mount Wittenberg Orca
Kristin Hersh - Crooked
M.I.A. - Maya
Sufjan Stevens - All delighted people / The age of Adz
These new puritans - Hidden
Vampire Weekend - Contra
Vaselines - Sex with an X
Neil Young - Le Noise

martedì 7 dicembre 2010

Sorry somehow

Caro Grant,
finalmente varchi nuovamente le Alpi per esibirti in Italì e mi sa che non riuscirò a venirti a sentire. L'anno scorso, proprio in questo periodo, sono riuscito a godermi un concerto di Bob e avrei potuto completare l'opera. Gli Husker Du mi hanno salvato la pelle un sacco di volte e mi sarebbe piaciuto ringraziarti di persona per tutto il lavoro che hai fatto da una trentina d'anni a questa parte. Ho visto qualche tua recente performance sul web e ti ho trovato un po' sciupato ma con il cuore in mano, come sempre. Tieni botta, Grant, che la prossima volta non voglio mancare. Lo so, sono un po' un coglione. Ma si vive una volta sola.

domenica 28 novembre 2010

A perdifiato

Come vanno le registrazioni di Le voilà le velò? Praticamente finite, grazie. Da dove sbuca l'accento sulla o? Boh, è una italianizzazione un po' scema che potrebbe avere un senso logico. Quel che non ha senso logico è la roba che sta riposando negli hard disk del Dunastudio (new, improved) in attesa di essere mixata. Cioè, nell'ottica del "dài, giochiamo a fare i grandi artisti che creano in studio" abbiamo registrato di tutto, di più: batterie alla cieca, bassi alla sorda, contrabbassi seri, battimani un po' meno seri, coretti "buona la prima", un bastone sonoro giocattolo che appena-l'ho-visto-me-ne sono-innamorato, una tromba vocale e, dulcis in fundo, una tromba reale data in pasto a Marlo così, tanto per vedere l'effetto che fa. Beh, ha fatto un effetto allucinante. E adesso si tratta di mixare. Auguri.

lunedì 15 novembre 2010

Le voilà le velo

Sono tempi veramente bizzarri. Io non ci capisco niente. Mi arrendo. C'è solo una cosa da fare: registrare un nuovo EP dei Jean Fabry. Pronti, partenza, via.

venerdì 12 novembre 2010

Switch-off

I termini switch-over e switch-off (mutuati dalla lingua inglese) sono abbreviazioni rispettivamente di:
  • digital switch-over (in sigla DSO), la fase intermedia della transizione alla televisione digitale in cui coesistono sia la televisione analogica che la televisione digitale;
  • analog switch-off (in sigla ASO), la fase terminale della transizione alla televisione digitale in cui avviene lo spegnimento della televisione analogica.
(Wikipedia Italia)

martedì 2 novembre 2010

Trash

In gioventù, come è naturale che sia (o almeno così dicono), la politica mi sembrava una questione di schieramento: di qua noi (i buoni), di là gli altri (i cattivi). E non dimentichiamoci che sto parlando di quando c'era ancora il Muro Di Berlino, quindi le cose si dividevano ancora più facilmente in "blocchi", retaggio dell'Ideologia post-Rivoluzione D'Ottobre e di svariate guerre, calde e fredde. Poi la faccenda si è complicata, anche se per un po' le cose sono parse immutate: da una parte la Destra, dall'altra la Sinistra, e su tutto l'aleggiante fantasmone del Grande Centro. La mia gioventù si è persa per strada, analisi sempre più ragionevoli hanno preso il posto dell'istinto, e la voglia di cambiare il mondo ha assunto altre forme più o meno produttive. Va da sè che, per fortuna, prendo ancora delle belle cantonate e ogni tanto mi illudo ancora. Fa bene alla salute, fa sentire adolescenti. Tra l'altro non mi pare di capire un granchè di economia, la mia diffidenza nei confronti dei potenti non è diminuita e non riesco a simpatizzare per chi brandisce la clava. Detto questo, però, confesso di essere totalmente disarmato e continuamente spiazzato da quello che succede in questo paese. Il cortocircuito potere-informazione sta raggiungendo dei livelli da me inimmaginabili, la sensazione palpabile è quella che ci si stia sempre più allontanando dalla realtà, dalla verità, dal senso. Il qualunquismo è dietro l'angolo, lo so. Qualcuno però mi deve spiegare come è stato possibile che la politica italiana sia diventata uno di quei film anni '70 con la Fenech, Lino Banfi, Alvaro Vitali e compagnia bella. Chi c'è dietro? Chi è il regista di tutto ciò? Voglio dire, la cura dei particolari è maniacale, la verosimiglianza toglie il fiato! Non può essere un caso! Va bene, va bene, basta, ho capito, sono un intellettualoide di merda che non apprezza il vero umorismo e la figa. Chiedo scusa, abbiate pietà, lasciatemi i miei libri, i miei film in lingua originale e la mia musica stramba. Prometto che farò il bravo e non darò più fastidio. Mano sul cuore.

mercoledì 27 ottobre 2010

Once there was a friend of mine who died a thousand deaths

Qua si parla di un'era geologica fa, quando me ne andavo in giro per la provincia romagnola a caccia di vinile. No, perchè adesso il vinile è tornato di moda, pare sia una roba figa, ma una volta era l'unico modo di ascoltare musica con dedizione. Prima del download, se non avevi un amico che avesse quello che cercavi eri bell'e che a posto. E badate che il cd esisteva già, ma non è come adesso, che tra un po' ristampano anche Fausto Papetti (come? Già fatto?): bisognava muoversi e avere fortuna. Per un periodo piuttosto lungo, tra i cascami del grunge e il manierismo di oggi, la mia caccia era rivolta a gente come Neil Young. Era una star, ma era anche palesemente uno sfigato, con quella voce assurda e quel modo di suonare la chitarra elettrica, come dire... naif. E' che aveva fatto una paccata di soldi col country-rock, ma era tutt'altro che uno spirito campagnolo. Mezzo hippy e mezzo punk (senza saperlo, ma qualche dubbio ogni tanto deve averlo avuto), dallo stile riconoscibilissimo, infilò negli anni settanta una serie di dischi uno più bello e schietto dell'altro, lasciandosi guidare dai suoi tumultuosi cambi di umore e dalla stella polare del rock'n'roll, o perlomeno di quel che lui credeva che fosse. E' sempre stato facile volergli bene, almeno per me. E non penso di essere il solo, considerando il fiume di gente che si è ispirata al suo modo di fare musica nel corso del tempo. Se solo tutti fossero sinceri un millesimo di quanto lo è (quasi) sempre stato lui! Ad ogni modo, dopo anni di alti, medi e bassi, Neil è tornato con un disco "notevole": Le noise, in collaborazione con Lanois (l'arredatore del suono U2 con Eno, tutto echi e riverberi "ambientali"): solo voce e chitarre, "trattate" però a dovere e foriere di qualche sorpresa "sonica". Al di là del suono, sono però la maggior parte delle canzoni a far la differenza: un Neil Young senz'altro di maniera, ma onesto e comunicativo. Insomma, questo disco avrebbe fatto la sua porca figura a prender la polvere nei "forati" da Tatum, da Mephisto o alla Casa del disco nei primi anni '90. In attesa di un archeologo che se lo portasse a casa per un migliaio di lire italiane o giù di lì. E non appena giunto a casa... alè, via: su due facciate di una C46 e dentro l'autoradio, che il Canada confinava con Castel Bolognese o Massalombarda, altro che USA.

martedì 26 ottobre 2010

Livóre

Piomba l'autunno, come un'overdose di narcolettico, ma niente da fare. La testa non dorme, continua a girare senza tregua. Gli occhi vedono una moltitudine di bicchieri mezzi vuoti e, nonostante gli sforzi, l'ottimismo è agli sgoccioli. Dunque: la televisione non bisogna guardarla, i giornali meglio lasciarli perdere, i discorsi della gente in carne ed ossa peggio che andar di notte. In questa parte di mondo, basta un triste caso di cronaca nera e tutto passa in secondo piano, altro che panem et circenses, questi fanno le corriere per andare a vedere i posti dove hanno ammazzato qualcuno e se ne fregano se le fabbriche chiudono. Soprattutto, se ne fregano di capire PERCHE' le fabbriche chiudono. E ognuno bada alla propria parrocchietta di riferimento, guai a dire una parola di troppo, guai a farsi vedere nel posto sbagliato, guai a rischiare. Non è questione di regime o di censura, la realtà è che comandano tutti e non comanda nessuno, così i pecoroni non sanno più che pesci pigliare e vanno in giro a vanvera. E se qualcuno fa una cazzata, il giorno dopo non c'è più uno che se la ricordi. O che se la voglia ricordare. Tanto ormai, la prima pietra l'abbiamo lanciata tutti, e da un pezzo. E allora? In cosa ci si rifugia? Nella spiritualità? Nell'arte? Negli allucinogeni? Ma no, niente paura, non c'è bisogno di sforzarsi. I giorni si sono accorciati, basta rintanarsi in casa. Poi magari presto arriva un po' di nebbia.

domenica 10 ottobre 2010

Guazza in piazza

"L’immagine dei quindicenni che pogano su Stringi Le Viti (di tanto in tanto) e che, alla fine, salgono sul palco per stringere la mano ai presenti è stata autenticamente commovente, e, a modo suo, impagabile. Peccato solo che siamo una radio, non una televisione."

Radio NK, 10 ottobre 2010

Ma facciamo un passo indietro. In un soleggiato pomeriggio d'autunno mi sto dirigendo verso Alfonsine, dove i Jean Fabry sono attesi per esibirsi alla Festa Dell'Uva organizzata dalla Pro Loco (ebbene sì, non ricordo esattamente quando, ma i Jean Fabry sono diventati un gruppo da sagra paesana, e lo dico con il dovuto rispetto per la sagra paesana). Fatto sta che improvvisamente mi squilla il cellulare: è il sindaco Molinari che mi avvisa che il gruppo di supporto sta già montando ed è in procinto di fare i suoni. Ora, la cosa in sè non è drammatica in senso generale, ma conosco bene le difficoltà insite nella routine montare-fare i suoni-far montare e fare i suoni al gruppo di supporto senza scombinare tutto e, dato che l'ordine logico delle cose è stato un po' stravolto, perdo le staffe e mi incazzo, essendo tra l'altro già un po' stressato di mio. Giungo ad Alfonsine con la bava alla bocca e scopro che erano stati dati col passaparola orari a vanvera ai due gruppi, quindi chi è arrivato per primo ha alloggiato meglio. A questo punto, scatta una delicata operazione diplomatica per risolvere la questione ed io compio l'azione che cambierà il volto della giornata: vado a farmi un giretto nella farmacia del Wemma. Ne esco rilassato (senza aver avuto bisogno di nessuna sostanza psicoattiva) e si parte. Il service di Angelino & C., una vera e propria istituzione, è impeccabile come al solito e dopo un po' di prove lasciamo spazio ai ragazzi dei TheLastHorizon, che attaccano il loro set punk-rock (con un tocco di AC/DC) e ci conquistano eseguendo Blitzkrieg Bop (eh, capirai, direbbe qualcuno, ma tant'è). Fa uno strano effetto vedere gente nata nei Novanta suonare i Ramones con sincero trasporto e viva emozione: ci sono mirìadi di spiegazioni a questo fenomeno ma l'importante è urlare Hey! Oh! Let's go! assieme a loro e basta. Tocca a noi. Comincio con Sheena is a punk rocker, tanto per stare in tema, e il gruppo, rassegnato ad andare dietro alle mie paturnie, mi viene dietro per una buona mezz'oretta di "prove", cioè pezzi non in scaletta che eseguiamo per scaldarci un po'. Entra poi in scena il Demiurgo e il concerto prende ufficialmente il via. Alterniamo pezzi nuovi, pezzi vecchi, pezzi da Linguàza e pezzi da Ambarabà CD cocò, tanto non cambia niente: il pubblico come al solito si divide fra quelli che sorridono sbigottiti e quelli che se ne vanno a fare un giro. A questo punto, nel fresco della sera, tornano in piazza i TheLastHorizon coi loro amici e si piazzano sotto al palco. Cominciano a pogare su Voglio scappare con il Circo Bidone (il quale è passato dalle nostre parti quando non erano ancora nati, va rimarcato anche questo) e le cose prendono la giusta piega, soprattutto quando il sindaco ha il coraggio di propormi Stringi le viti (di tanto in tanto) come fuori programma. Il delirio si impossessa della Festa Dell'Uva e il punk mentale ha la meglio su tutto il resto. La nostra personale musicoterapia fa effetto anche sugli adolescenti e il cerchio si chiude. Alla fine, resta solo la guazza.

mercoledì 29 settembre 2010

La musica da disimpegno (bis)

E così, mentre a pochi metri di distanza la piazza accoglieva la corazzata Radìs, i Jean Fabry hanno concesso il bis nel corridoio dell'Osteria dei 20. Le "M" sessions hanno visto coinvolti Melampo, Molinari, Marlowe e il Musicista Misterioso. Sin dall'inizio non ci siamo posti il problema di confrontarci con l'irripetibile serata di quattro giorni prima e, in mancanza di claque, ci siamo lasciati andare ad una serie di recuperi dal nostro repertorio più laterale (comprese riletture di CCCP, Lio, Ramones, Joy Division, Rosa Balistreri, Jonathan Richman e Housemartins). Poi spazio alle canzoni del sindaco Molinari (del quale prima o poi produrrò un album destinato al successo planetario), il quale non è stato da meno in quanto a covers (Jannacci, Duo di Piadena, Elvis, Sonny Curtis / Bobby Fuller, Casadei, Manfred Mann, Jean Fabry). Insomma, è stata una esperienza vagamente surreale e a tratti straniante: io, almeno, mi son sentito di nuovo giovane e sfigato (mmh, adesso che ci penso non è che le cose siano poi cambiate un granchè, per fortuna), intento a esternare suoni e rumori scostanti e scorbutici. Poi, com'è, come non è, qualcuno ha fatto capolino nel nostro bozzolo e ci siamo trovati un qualcosa di molto simile ad un pubblico, con conseguenti richieste e reazioni più o meno scomposte. Grazie a questi nostri grandi amici siamo giunti alla conclusione in un Wimoweh generale, come del resto dovrebbe sempre essere in una normale società civile.

sabato 25 settembre 2010

La musica da disimpegno

Dopo la musica da camera, la musica da corridoio. Anzi, come da felice intuizione del Geom. Pirazzini, la musica da disimpegno. E' successo all'Osteria dei 20 a Bagnacavallo (RA) in occasione della Festa di San Michele. Dato che questa volta il meteo ci ha fornito pioggia, invece di suonare in cortile ci siamo schierati in orizzontale, spalle al muro (!), lungo il comunicante tunnel d'ingresso. Questa scelta, apparentemente demente, ha sortito una delle serate più divertenti dacchè esistono i Jean Fabry. Nella prima parte, largo ad Ambarabà Cd cocò per i molti bambini (e babbi, e mamme) presenti (Nouru ha comunque richiesto fuori programma "Jonathan Richman" e si è esibito per gli astanti); poi repertorio Jean Fabry con roba vecchia e roba nuova, seminuova, usata. Il calore dei convenuti si è rivelato a tratti imbarazzante. Alla fine, con l'aiuto spontaneo e molto ben accetto di Riccardo e Federico di Radio NK ci siamo anche divertiti (a modo nostro) in una esecuzione corale (nel senso che si facevano i cori) di "Indrì d'zent énn" ("Indietro di cent'anni"), che da pezzo critico e lamentevole si è trasformato in canzone popolare da baldoria. E' stata la prima esibizione post-dimissioni (da suonatore) di Gnelez, che ringrazio pubblicamente in questo spazio (solitamente riservato a cose meno serie) per essere stato in questi tre anni uno degli elementi fondamentali nella (ri)costruzione di ciò che ora sono i Jean Fabry. Per il pianeta Terra forse non vuol dire molto, ma per noialtri, invece, un bel po'.

domenica 12 settembre 2010

Rentrée


E così, ai margini e sfocati come sempre, son tornati i Jean Fabry. Prima uscita uscita a Fusignano per l'Otto Settembre, la festa patronale. Abbiamo svolto egregiamente la consueta missione destabilizzante, facendo "imbestialire" (testuali parole) i clienti di un vicino stand gastronomico ed esibendoci in compagnia del poeta dialettale Eliseo Dalla Vecchia. Grandi momenti. La nostra (ri)conquista della Romagna è proseguita a Piangipane, dove abbiamo indossato principalmente i panni dei Capra & Cavoli per presentare Ambarabà CD cocò e festeggiare i vincitori della locale Maratona di lettura. Consuntivo? Solito caos per mettere in piedi la baracca, ma emozioni a go-go per grandi e piccini. C'è stato anche spazio per proporre il nuovo pezzo Le voilà le velo, con il quale diventeremo per l'ennesima volta ricchi e famosi. Giusto il tempo di fare un salto in studio a registrare.

sabato 4 settembre 2010

Rivoluzione (punto primo)


Quand'è che la pianterò di ringraziare gli automobilisti che si fermano per lasciarmi passare sulle strisce pedonali? Su, basta un piccolo sforzo. Non è che mi fanno un piacere: in un paese civile è una cosa normale. Ringraziando, invece, dò l'impressione che sia una imprevista cortesia non richiesta. Ed è un incoraggiamento per quelli che proseguono fregandosene. Tipo me.

sabato 21 agosto 2010

You want me be somebody who I'm really not


Anche gli indie-alternative-punk-snob hanno una carcassa da muovere, e io ultimamente la muovo con la roba di M.I.A. (tipo l'ultimo allucinato album, /\/\/\Y/\). Questa sconvolta furbacchiona sta facendo cose troppo fuori per avere un successo di massa (complici anche i dieci - venti anni di ritardo su Quando La Musica Contava Qualcosa), ma perlomeno riesce a farsi notare. Il genere è un bel misto di hip-hop, dance, reggae, pop, rock, eccetera. Poi qualche sparata, video fatti apposta per provocare, gli amici giusti (Diplo, Rusko, Blaqstarr, Switch e tutti gli altri extraterrestri della compagnia), i campionamenti giusti e le citazioni giuste (Clash, Pixies, Jonathan Richman, Suicide), un tocco di sano Situazionismo (arieccoci!) e il gioco è fatto. Fatto sta che sembra quasi di essere tornati indietro nel tempo, quando il presente esisteva ancora. E adesso basta, facciamo ballare un poco 'sti quattro neuroni che ci restano! Per tutto il resto c'è Lady Gaga.

mercoledì 18 agosto 2010

Carrot Power


Quella contro la Cattiva Alimentazione è una guerra persa in partenza. Io ci provo, ma molte volte mi perdo nel ginepraio di contraddizioni che avvolge tutta la materia CIBO. Mangiare è una necessità e un piacere ma si sa, i gusti son gusti. C'è chi pur di non rinunciare alla Nutella o alla Coca Cola darebbe via un rene, la mamma o un rene della mamma. C'è chi specula sul Biologico
e chi si converte sulla via di Damasco dello Slow Food. Ci facciamo fregare dalla debolezza della nostra gola e dal famoso Logorìo Della Vita Moderna e non ne veniamo mai a capo. O perlomeno, io non ne vengo a capo. Ci vorrebbero Tempo e Soldi, ma questo mi ricorda qualcosa. Anzi, parecchie cose. Ah, se poi uno è vegetariano è fottuto.

domenica 15 agosto 2010

Fatti questo slego!


Che meraviglia! Giove Pluvio, su imbeccata di Nettuno, è stato ben più che clemente e ha risparmiato ai molti convenuti in Piazza Maggiore (BO) il preannunciato meteo-gavettone. Quindi, largo all'avanguardia e agli Skiantos. L'eterno 1977 bolognese si è manifestato in tutta la sua fiera diversità e io, Pappi e il sindaco Molinari ci siamo goduti Gelati, Sono un ribelle mamma, Mi piaccion le sbarbine e tutto il resto, compresa una Eptadone da paura. Contorno di slamdancing dei giovani punk bolognesi e i consueti lanci di frutta e verdura. Poi l'omaggio a Dino Sarti e metà dei Gemelli Ruggeri (Eraldo) al flauto traverso. Ad un certo punto mi è anche sembrato di vedere Godzilla dietro le due torri e Zanardi che abbozzava un ballo marpione per adescare una sbarba. Dopo anni di de-evoluzione è tornata per una sera quella Bologna là. E non mi pareva un ritrovo di nostalgici. Hai visto mai?

venerdì 13 agosto 2010

Largo all'avanguardia


Banale, banale. Attenzione! Banale! Gli Skiantos. I nostri Sex Pistols, senza offesa nè per gli uni nè per gli altri. Anzi, sperando magari di offenderli entrambi. Che magari gli farebbe pure piacere. Cosa si può dire sugli Skiantos? Reduci del 1977, impersonificazione dell'aria che tirava a Bologna in quei tempi là, perlomeno della componente più "leggera" (per modo di dire). Avevano già capito tutto, non c'è gusto in Italia ad essere intelligenti. Inventarono il Demenziale, genere poi ampiamente degenerato negli anni a venire. L'album MONO tono rimane un manifesto di cosa fare quando non c'è più niente da fare. Già l'incipit di Eptadone ("Uno, due, sei, nove!") è sufficientementemente esplicativo. Poi Vortice, Largo all'avanguardia ("pubblico di merda"), Io sono uno skianto ("suono senza l'impianto") e tutto il resto. Cucinare gli spaghetti sul palco. Bersagliare con lanci di ortaggi il pubblico e sfotterlo in continuazione con cartelli offensivi ("fate cagare"). E poi, proprio nel 2010, introdurre il loro più grande successo del 1979 "Mi piaccion le sbarbine" con la frase "l'unica cosa che abbiamo in comune con il nostro primo ministro" è un notevole esempio di modernità.

Skiantos in concerto: Bologna, Piazza Maggiore 14 / 08 / 2010

domenica 8 agosto 2010

So You Want to Be a Rock 'n' Roll Star

Ci risiamo. Da quando esistono i Jean Fabry è una delle trappole più facili in cui cascare (e posso serenamente dire di essere oramai un habitué): sto parlando della depressione per la mancanza di un Adeguato Riconoscimento Artistico. Parole grosse, eh? Ma come mi permetto? Mi impegno a metter su una baracca con dei non-musicisti dediti al surrealismo in musica, lo chiamiamo punk mentale e pretendo di avere "successo"? Ma va là. La bella figura la fanno altri, più "popolari" nelle intenzioni e quindi anche nei risultati. Eppure mi scoccia. Il motivo di tale scocciatura è che sono un essere umano come tutti, soggetto ai peggiori istinti e alle più basse debolezze. Eppure basta ragionare e nella mia psiche torna il sereno: perchè esistono i Jean Fabry? Per divertimento? Oh, certo. Ma i nerds come noi si divertono in maniere bizzarre, tipo spiazzare la gente e combattere l'Omologazione Culturale e la Pigrizia Cerebrale. E' ovvio che ne usciamo con le ossa rotte e la sensazione di non essere accettati. Fa parte del gioco: non abbiamo nessun appeal per fare rivoluzioni e quindi siamo degli eterni guitti di provincia, consolati e sopportati da amici e parenti che hanno paura di ferirci. Eppure, ogni tanto sembra che qualche colpo vada a segno. Raccogliamo qua e là consensi sinceri e disinteressati, ed è questo che fa andare avanti la baracca. E' chiaro che avere la promozione, la visibilità e il seguito delle migliaia di gruppi più conosciuti di noi ci farebbe estremamente comodo, per portare avanti il nostro piccolo, innocuo piano eversivo. Ma bisogna farsene una ragione: è la nostra natura ad escludere a priori la possibilità di avere più possibilità. Così, in mancanza di un management o di una rete di amicizie più o meno influenti, insistiamo in modo artigianale a cercare recensioni e date per esibirsi. Leggere I Swear I Was There: The Gig That Changed The World (David Nolan), il libro sulle epocali esibizioni dei Sex Pistols a Manchester nel 1976 mi sta ulteriormente rinfrancando e illudendo. Io sono poco furbo, ma la mia curiosità mi spinge ad andare avanti. Spesso la fatica supera il gusto e subentra lo sconforto ma non c'è niente da fare: anche se abbiamo superato i quaranta, giocare ai situazionisti ci piace troppo. Devo solo sforzarmi di non eccedere con i lamenti. Ah, e di considerare gli altri gruppi per quello che sono.

lunedì 2 agosto 2010

Le foto delle vacanze


Dopo anni di isolamento, finalmente ho tirato fuori gli attributi e ho deciso: siamo in agosto, sono in ferie e FACCIO IL TURISTA. Basta con quintalate di snobberia mascherata da diffidenza, basta con la poetica delle piccole cose, basta. Famiglia, si va a Firenze. Col treno. Ci si mescola con innumerevoli cittadini del pianeta tutti convenuti lì per lo stesso motivo, cioè venire a vedere una delle culle della civiltà moderna. Alè, macchina fotografica e via. Si scavalla l'Appennino ed eccoci a Santa Maria Novella, pronti ad illustrare tutto quel casino alla nostra figliola. E man mano che ci si inoltra verso il Duomo, le piazze celebri, i persei e le fontane, ci si accorge di quanto sia difficile spiegare questa realtà confusa e decadente. Possibile che alla fine il senso della giornata sia infilarsi in un negozio Disney a rimirare la familiare paccottiglia televisiva? No, non bisogna mollare, forza, passiamo Ponte Vecchio, mangiamoci 'sto gelato e dirigiamoci a Boboli. Troppo caldo, però. Poi, scusa, un giardino senza giochi per i bambini che giardino è? Va bene, ho capito, è giusto che sia così. C'è un tempo per ogni cosa. Ricordo ancora quando vidi Firenze dall'alto dopo aver fatto il Passo della Colla con l'errequattro. Ecco, quello era il momento giusto. Adesso son diventato troppo materiale, anche volendo non riuscirei a fare dei gran voli di fantasia, forse perchè dopotutto son stato fortunato: i miei sogni si son realizzati tutti! Cioè, quasi tutti, dai.

lunedì 26 luglio 2010

Meteopatia


E così è passata anche l'afa. Tutti a dire che caldo che caldo oddio muoio, immemori del fatto che in inverno saremo tutti lì con che freddo che freddo oddio muoio, come se non avessimo niente di meglio da fare. Nel campo davanti a casa mia nè balle tradizionali nè rotoballe: hanno portato via il grano e tanti saluti! Forse lo vanno ad imballare all'estero, che costa meno la mano d'opera e non ci sono i sindacati tra i coglioni. E mentre la mezza estate se ne va ogni anno più velocemente, nella mia testa vagano le solite domande senza risposta. Per esempio: quanta gente EFFETTIVAMENTE c'era al primo concerto dei Sex Pistols a Manchester? C'è chi (David Nolan) ci ha scritto un libro, questo: I Swear I Was There: The Gig That Changed The World. Io lo consiglio a tutti, anche se ovviamente non l'ho letto (è una prassi molto comune). Mai come in questo momento è necessario avere dei punti di riferimento mitici ai quali aggrapparsi, dato che la cosiddetta realtà non è poi che sia quel gran che, diciamocelo. Quindi, ecco: andare al punto zero dell'ultimo movimento situazionista su grande scala (anche se niente nasce dal nulla, e ogni cosa deriva da un'altra e bla e bla e bla) può essere stimolante per chi ha un po' il cervello un po' ossidato, come me. E difatti vedrò di procurarmelo presto, dato che il punk mentale sta ricaricando le pile in vista della rentrée e non voglio farmi trovare impreparato come al solito.

giovedì 15 luglio 2010

Lota Alfunsinesa


Quella che verrà ricordata come la Battaglia Delle Alfonsine è stata indubbiamente vinta.
Jean Fabry e Radio NK sono riusciti nell'improba impresa di trattenere il pubblico sulle seggioline verdi, in giro fiorivano i sorrisi e alla fine la Pinuccia (al secolo Giuseppina Pattuelli, otto anni quando sul Senio c'era il fronte) mi ha letto la sua poesia Lota Alfunsinesa dall'inizio alla fine. E' stata la miglior conclusione possibile di questi mesi di esibizioni. Giungo alla fine sfatto e frastornato. Sono schiavo del punk mentale, che mi obbliga a suonare anche quando ne ho poca voglia. Ma si vede che doveva andare così. O no?

mercoledì 14 luglio 2010

Le jour de gloire est arrivé


Non è musica folk
Non è goliardia
Non è tradizione
Non è avanguardia
Non è avanspettacolo
Non è satira
Non è popolare
Non è intellettuale

E'
Linguàza

14 luglio 2010
ore 21:00
Piazza Gramsci
Alfonsine (RA)

E' un prodotto
Jean Fabry / Radio NK

lunedì 12 luglio 2010

Oops


E' con un agrodolce mélange di nostalgia e rassegnazione che mi tocca registrare il nervosismo e gli scazzi dell'ultima sessione di prove Jean Fabry per Linguàza. Nostalgia perchè in questo lunatico gruppo di solisti la cosa è già successa varie volte; memorabile quella del 2003 durante le prove di Zavaglio generale. La rassegnazione deriva dall'inevitabile esame di realtà: i limiti di questa banda sono sempre più evidenti ed è inutile cercare di superarli. Molto meglio fermarsi al lavoro fatto sino a qui senza imbarcarsi in spericolate fatiche al di sopra delle nostre possibilità. Ed ora via, verso lo spettacolo di Alfonsine, con le dita incrociate e la solita incoscienza. Lunga vita al punk mentale!

domenica 11 luglio 2010

Le seggioline verdi della piazza di Alfonsine


Su questo palco mercoledì 14 luglio 2010 prenderà corpo Linguàza, lo spettacolo ideato dalla strana ammucchiata Jean Fabry - Radio Nk. Quello nella foto è il Wemma, una delle teste parlanti della radio. Linguàza è già stato rappresentato a Russi un paio di anni fa: si tratta di una sorta di viaggio a ritroso nel tempo con l'intenzione di riparare una serie di torti subiti da alcuni autori musicali romagnoli a vantaggio di una lunga serie di smaliziati artisti pop - rock di matrice anglofona. Verranno eseguite le versioni originali dei brani e verranno altresì illustrate le biografie dei nostri sfortunati conterranei. Il nome Linguàza mi venne in mente per il suo doppio significato di sberleffo e di linguaggio poco raffinato. Mi onora il fatto che Ivano Marescotti abbia scelto lo stesso titolo per il suo nuovo spettacolo, rappresentato proprio in questi giorni. Speriamo non se ne esca con un cd chiamato Rotoballe!

sabato 10 luglio 2010

Invasione a chilometri zero


Continua la mia involontaria guerra di conquista domestica. Suonare a Russi (dove dimoro) con i Jean Fabry è stata per l'ennesima volta una bizzarra esperienza, anche perchè in questa occasione si era in centro, ad un angolo di strada, come dei finti buskers indie-snob. Portare il punk mentale alle masse sta diventando sempre di più una missione: nel mezzo della generale e più che logica indifferenza raccogliamo ad ogni esibizione quei pochi ma fondamentali consensi che ci spingono a continuare con questo assurdo, masochistico martirio. Ogni tanto, mentre sono intento a fingermi un suonatore, giungono momentanei sprazzi di lucidità e per un momento affiora anche un po' di sano pudore. Ma niente da fare, la baracca va avanti, senza un apparente controllo, e la sensazione di essere degli invasori della vita altrui non è sufficiente a fermare il misterioso disegno di cui ormai nessuno di noi ricorda più un accidente. Così naufraghiamo (come si direbbe in poetese), alla deriva in un mare di amici, parenti, conoscenti, ex compagni di scuola, ex colleghi di lavoro, volti noti e meno noti del paesone, quello-è-il-figlio-del-tale, quello-è-il-babbo-della-tale, gente che fa finta di non vederti, gente che si sbraccia per salutare, carabinieri, cartolai, farmacisti, piccoli imprenditori, giovani speranze, vecchi punk (anche se i punk non invecchiano), eccetera. Proprio come uno di quegli strani sogni da indigestione, dove tutto si mescola in maniera casuale e non si capisce mai quale sia il punto. E ci si rende conto, con un misto di impotenza e stupore, che potrebbe anche durare all'infinito.

mercoledì 30 giugno 2010

Simbolico


Giornata molto simbolica. Dieci anni fa terminava ingloriosamente la mia attività di cartolaio e mi apprestavo a tornare al paesello natìo con la coda fra le gambe. Oggi è finita la scuola anche per mia figlia e nel campo davanti a casa hanno mietuto il grano. Nella foto non si vede un bel niente ma se siete sensibili si intuisce tutto. Ed ora? Rotoballe? Balle vecchio stile? Chissà. Intanto procedono a ritmi altalenanti i lavori per Linguaza, performance di Jean Fabry e Radio NK in programma ad Alfonsine il 14 luglio corrente mese. Allons enfants de la patrie, eccetera eccetera. Ah, dimenticavo: ho scoperto di essere allergico al logliarello, ora so chi incolpare per le mie primavere in apnea.

domenica 27 giugno 2010

NaCl

Serata complicata in quel di Cervia, dove i Jean Fabry si sono esibiti al Festival delle Arti. Siamo stati funestati da una serie infinita di problemi tecnici, tant'è che il mixer è stato un vero e proprio settimo uomo sul palco, il protagonista indiscusso della serata. La performance è stata di conseguenza piuttosto angosciante, dato che i monitor erano indemoniati e il larsen regnava sovrano. La cosa bizzarra è che, nonostante questo, siamo piaciuti e abbiamo raccolto consensi insperati. Fa piacere ma, come si suol dire, è stata più la fatica che il gusto.
Ed è scientificamente accertato che sulle ferite il Sale di Cervia brucia più degli altri!

sabato 19 giugno 2010

Dejà vu


Per una strana coincidenza spaziotemporale è la seconda sera di fila nella quale suoniamo prima dello spettacolo Macchie bizzarre, stavolta a Lavezzola, nell'ambito di una serata di sensibilizzazione per il Virus Skate Park, aperto l'anno scorso in pompa magna e chiuso un mese fa per l'eccessivo inquinamento acustico. Di bizzarro a 'sto mondo non ci sono solo le macchie.
Ad ogni modo, nonostante una serie di incidenti di percorso più o meno prevedibili, anche stavolta è stata una gran bella serata. Va ringraziata in particolare la micromagìa del mago Cicognani che ha tenuto a bada una serie di mostruosi nuvoloni incombenti. E' poi oltremodo evidente che anche le macchie sul naso portano fortuna.

No, you won't fool the children of the revolution


E così si continua a giocare al gruppo musicale. I Jean Fabry / Capra & Cavoli si sono esibiti alla prima edizione di Marameo - Il festival dei bambini a Russi (RA). Prima che l'amnesia preda il sopravvento mi permetto senza vergogna di elencare ad imperitura memoria (mia) i punti salienti della serata:
1) finalmente ho eseguito I'm a little airplane di Jonathan Richman nel contesto appropriato, cioè in un parco dinanzi a dei bimbi scatenati (con Marlo ad aeroplanare)
2) finalmente (?) ho sfilato per le vie della mia città cantando come un ubriaco in mezzo ad una parata di bella gente un po' fuori di testa
3) finalmente ho visto Macchie bizzarre, lo spettacolo visionario di Vito Baroncini

Direi che basta e avanza.

lunedì 7 giugno 2010

Me voy (donde no hay sufrimiento)


E così, il burbero selciato di Piazza Castello a Ferrara è stato testimone dell'ennesimo rito sonico. Quattro signori americani non più giovani (i Pixies) hanno avuto la situazione in pugno per un'ora e mezza facendo sfracelli nella psiche già labile degli astanti. Durante Allison ho avuto il timore di non farcela; la mia pelle e le mie ossa buttate qua e là in mezzo alla marmaglia informe stavano per soccombere ma come al solito sono sopravvissuto. Poi questi hanno infilato Debaser/Planet of sound/Alec Eiffel e buonanotte. Ma perchè uno va a vedere un concerto per distruggersi? Chiamatelo pogo, slam dancing, moshing, chiamatelo come volete tanto è comunque assurdo. Però ad alcuni di noi piace. Sarà un retaggio primitivo, chissà. Bel concerto, comunque. Per quel che mi riguarda in ritardo di vent'anni, ma meglio tardi che mai. E poi andatelo a dire a chi vent'anni ancora non li ha (e ce n'erano tanti). Cazzo, i Pixies adesso come i Deep Purple negli anni ottanta? Naah, il paragone non regge, perchè i Deep Purple ci sono ancora oggi e hanno più seguito dei Pixies e di tutti gli altri gruppi da nerd sconvolti degli ultimo trentennio. E' ovvio che si sono riformati per i soldi, l'hanno anche dichiarato pubblicamente. Ma quando uno fa un mestiere dovrà pur campare, no? Sì, vabbè, ho capito, l'arte, eccetera eccetera. Secondo me l'arte sta spesso e volentieri fuori dai musei ma è meglio che io stia zitto, che son di parte. Son tutte robe che non si possono spiegare. C'è chi guarda i mondiali di calcio e chi si commuove durante The sad punk. E basta, va là.

venerdì 4 giugno 2010

Quel che fa Joey Santiago durante Vamos

Una volta si ascoltavano i dischi. Sì, lo so, una frase come questa fa subito capire che sono vecchio. E anche se fosse? Voglio dire, è fisiologico, invecchiare. E lasciamo stare tutti i discorsi sull'adolescenza che si sposta sempre più in avanti, e la società dei consumi, e la fine della modernità, e questo, e quest'altro. Fatto sta che, quand'ero giovane (anche se non sapevo di esserlo) arrivarono i Pixies. Il gruppo giusto al momento giusto. Come faccio a spiegarveli? Io li ho conosciuti nel 1989, che anche loro erano già roba vecchia, già al terzo disco. Ma quel disco era Doolittle. Allora: un pazzo che urla come se lo stessero squartando ma canta canzoni sugli Ufo, sulla Bibbia, sulle puttane e su Bunuel. Una bassista che da lì in poi sarà la pietra di paragone per tutti i suonatori indie del globo terracqueo, un misto di naivetè e di coolness (mi scuso per l'uso di questa terminologia, ma era per dare l'idea) da fare paura. Un chitarrista surf della scuola punk vaffanculo-agli-assoli-di-merda ma con una creatività essenziale e fulminante. Un batterista-metronomo dalla voce da crooner con una seconda carriera come prestigiatore scientifico. Quello che conta però, badate bene, è il risultato d'insieme. Pezzi sulla morte, sulle scimmie che vanno in paradiso, l'uso qua e là dello spagnolo come seconda lingua con un effetto profondamente disturbante, chitarre strappate ed esplosioni di distorsori, coretti sinceramente angelici e, su tutto, una tensione continua ed un messaggio subliminale: "Ecco qua, questa è l'esistenza degli esseri umani. Istinto, ragione, amore e violenza."

Per un mese o forse più ascoltai Doolittle tre-quattro volte al giorno, sempre con l'impressione di aver finalmente scoperto il fuoco. Anche se i miei coetanei in quel periodo se ne stavano in giro a dare sfogo ai loro ormoni e a farsi largo nella società degli uomini, non solo non sono pentito dell'esperienza ma, come si dice, la rifarei e mi auguro possa capitare qualcosa del genere a chiunque. Amen.

Pixies - 6 Giugno 2010, Ferrara, Piazza Castello

lunedì 31 maggio 2010

Parklife

Maggio mese dei matti e dei somari. Oppure: maggio è il mese dei somari e degli innamorati. E via dicendo. Il maggio 2010 dei Jean Fabry è finito in un bel pomeriggio al parco a Decima (BO) in occasione dell'Autan Day organizzato dal Circolo Arci Eternit. Bel posto, bella gente. Grande ritorno della mia faringite ma in compenso niente pioggia. Sindaco Molinari in libera uscita, tra Romagna e sangiovese e balli afro (vedi qui e qui). Bimbi sul palco (Nuru e Sofia) e versione fiume di Voglio scappare con il Circo Bidone. Gnocco fritto, lambrusco e zanzare clementi. Onestamente non penso si possa chiedere di più.


sabato 29 maggio 2010

Comme d'habitude


Come al solito, siamo stati assistiti dalla fortuna dei principianti. Sì perchè, nonostante gli anni passino, principianti lo siamo sempre di più. E' fenomenale il modo in cui disimpariamo quel po' che abbiamo imparato. Comunque: non ha piovuto, la mia voce è miracolosamente riapparsa per il tempo necessario a biascicare qualche canzoncina, Giulio ha suonato la batteria praticamente con un braccio solo e abbiamo persino registrato l'evento per trasmetterne qualche brandello in una prossima trasmissione di Radio NK. La cosa che mi rende più orgoglioso è che la registrazione è stata effettuata con un radioregistratore a cassette. Sì, a cassette. Che nostalgia. Non c'era tantissima gente, ma i convenuti non hanno perso la pazienza durante gli interventi del Comitato Acqua Pubblica e neanche durante le nostre esternazioni sonore, il che è buono. Che dire? Mah! Per quanto tempo ancora riusciremo a farla franca?

venerdì 28 maggio 2010

Et voilà la catastrophe

Oh, è giunta finalmente l'ora di usare questo spazio per fare il punto della situazione IN TEMPO REALE. Wow. Bene, i Jean Fabry sono stati invitati dal Comitato Acqua Pubblica di Russi per una serata di sensibilizzazione sullo scottante tema della privatizzazione, appunto, dell'acqua. Nel comitato ci sono molte formazioni politiche e varie associazioni locali; abbiamo sposato la causa e abbiamo accettato, pretendendo in cambio una piadina e una bevuta. La nostra ingenua nobiltà d'animo (non abbiamo neanche dischi da vendere, lo dico per dovizia di particolari) non è stata però per il momento ricompensata da un filo di fortuna. Il batterista panchinaro (Giulio) ha una spalla a pezzi, la trasmissione di Radio Nk non ci sarà (senza particolari colpe da attribuire a chicchessìa, va detto), io sono senza voce perchè nei due giorni precedenti mi sono sgolato alle feste delle scuole materna ed elementare (l'esibizione dell'Orchestra Elementare è stata comunque assolutamente magnifica, almeno per me) e, dulcis in fundo, come da previsioni ampiamente annunciate, sta per abbattersi su questa zona della Romagna un tifone tropicale. Del resto, fare un concerto all'aperto sull'argomento Acqua un po' di rogna non poteva non tirarla. Con queste premesse, mi accingo ad arginare la catastrofe, conscio che questi sono i momenti che danno un senso all'esistenza. Intanto, sta piovendo col sole. (continua)

domenica 23 maggio 2010

We're a happy family

Ecco qua i Jean Fabry. O meglio i Capra & Cavoli, cioè i Jean Fabry per/con bambini. Mancano: il sindaco Molinari e uno qualsiasi dei due batteristi, Gnelez (titolare) e Giulio (riserva). Più tutti gli altri "satelliti", tipo Rava e la Linda. Bella famiglia. Magari un po' disfunzionale, ma non lo sono tutte? Siamo nel bel mezzo di quello che si può definire un "tour". Suoniamo un sacco di volte (troppe?) nel giro dei prossimi mesi e come dice la vecchia massima, chi ha il pane non ha i denti. Nel senso che se la cosa fosse successa tipo dieci-quindici anni fa sarebbe stato più semplice, ora la famiglia (quella vera), il lavoro (quello vero) e tutto il resto (dài, sapete benissimo di cosa sto parlando) rendono il tutto molto complicato. Faremo i conti alla fine. Intanto a Cotignola è andata bene. Abbiamo presentato il libro-cd Ambarabà CD Cocò, realizzato con Altr'e20.

mercoledì 31 marzo 2010

Il senso della vita

Io sto bene, come dicevano i CCCP negli anni ottanta. A dire il vero dicevano anche: io sto male. Poi dicevano altre cose ancora, ma non voglio tergiversare. Cioè, in realtà voglio tergiversare ma non vorrei che si capisse subito. Quando Pappi mi fece ascoltare per la prima volta i CCCP (ottantacinque, ottantasei) fu come atterrare su un altro pianeta. Io non ascoltavo praticamente niente di italiano, solo classici del pop/rock angloamericano (che poi è quello che avevano ascoltato i CCCP fino al giorno prima). La canzone italiana era il nemico, era Sanremo, era il Festivalbar, era la balera. Beh, ora scrivo canzoni in italiano. Da tanti anni, ormai. Vado in giro con i Jean Fabry, il gruppo che ci siamo dovuti inventare perchè il resto non ci bastava più. Siamo senza speranza, quando va bene strappiamo qualche sorriso benevolo e poco altro. A me però piace, suonare nei Jean Fabry, e credo/spero anche ai miei complici. Il vero Jean Fabry sarebbe orgoglioso di noi, alla sua stralunata maniera. Se ne è andato troppo presto, ma ci ha lasciato quel misto di incoscienza e di onnipotenza che hanno solo i bambini. Non voglio con questo cominciare a sparare cazzate sul ritornare bambini o tirar fuori il bambino che è in noi, voglio solo suggerire di guardarli, i bambini. Il ruolo di noi adulti è quello di inserirli nella società, ma il loro ruolo è quello di ricordarci chi siamo. Maledetta amnesia.

giovedì 11 febbraio 2010

Preambolo per il futuro (ammesso che esista ancora)

Blog (da Wikipedia, l'enciclopedia libera)

In informatica, e più propriamente nel gergo di internet, un blog è un sito internet, generalmente gestito da una persona o da un ente, in cui l'autore pubblica più o meno periodicamente, come in una sorta di diario online, i propri pensieri, opinioni, riflessioni, considerazioni, ed altro, assieme, eventualmente, ad altre tipologie di materiale elettronico come immagini o video.

Il termine blog è la contrazione di web-log, ovvero "diario in rete".