martedì 7 agosto 2018

Garageland






















"We're a garage band / We come from Garageland."
Garageland (The Clash)


Breve riassunto: abbiamo iniziato come tutti suonando in cameretta, poi abbiamo suonato in un corridoio, svariate volte da un gommista, ma in un vero e proprio garage non avevamo mai suonato. Grazie ai Panda Project ce l'abbiamo fatta. La serata si chiamava Garage Panda, ed era della partita anche il Geom.Roberto Pozzi (Metallurgica Viganò, Wikipoz. ecc.). Si è trattato di una performance di gruppo travestita da festa di quartiere e devo dire che stavolta mi son proprio divertito. A parte suonare in un garage con le lucine di Natale accese (in agosto), ci siamo anche mossi liberamente negli spazi di via Montalto lanciandoci persino in una performance de I pappi dei pioppi - come dire - dinamica. Momenti surreali per grandi e piccini, favole macabre, una improbabile lotteria, una ancor più improbabile serenata alla vicina di casa, la vendita del garage al miglior offerente (il Presidente) e la telefonata in diretta del nostro eroe Mirko Caravita che sta per tornare in Romagna dopo aver raggiunto Capo Nord in bicicletta. Perchè l'ha fatto? Ecco la sua risposta: "Per dimostrare che tutti possono farlo!". Non ho altre domande, vostro onore.

lunedì 6 agosto 2018

Volevo scappare con il Circo Bidone

Innanzitutto un suggerimento banale (se qualcuno lo vuole): continuate ad inseguire i vostri sogni, ma sperate che non si realizzino mai, o comunque il più tardi possibile. Quando negli anni novanta scoprii il Circo Bidone, scrissi una canzoncina stupida sul desiderio di scapparci assieme. Oggi, che siamo tutti più saggi (vecchi), i Jean Fabry l'hanno fatta grossa. L'intenzione era quella di realizzare un piccolo evento collaterale in una data del circo a Fusignano con la complicità del Comune (per cavarci una voglia e fare un po' i fenomeni); dopo aver incontrato Francois Bidon a Cotignola la settimana precedente, il Circo ci ha offerto di suonare addirittura sulla loro pista. Come si fa a dir di no? Data l'occasione, abbiamo invitato il Sindaco Molinari al basso e il redivivo Giulio alla batteria; in più, sono stati graditi ospiti Balbi alla voce e Cavina, l'erborista col violino. Ah, anche Niccolò Giuliani ha sferrato un bel po' di colpi alla batteria del babbo. Happy ending? Macchè. Dal punto di vista artistico e tecnico l'esibizione è stata un mezzo disastro (niente prove, impianto inadeguato, sole a picco e guitteria à go-go) e mi ha lasciato con l'amaro in bocca. Figura da peracottari, per dirla alla Giulio. Però qualche pezzo l'abbiamo imbroccato e poi, in fin dei conti, sempre di punk mentale si tratta. Quindi, il sogno è finito? Non voglio più scappare con il Circo Bidone? Ma no. Mi son reso conto che col Circo Bidone ci scappo tutti i giorni, ogni qual volta l'astrazione fa capolino nella grossolanità della vita: una battuta, un cambio di prospettiva, una capriola. Et voilà.

How music works

foto: ravennanotizie.it

Uno dei miei divertimenti preferiti è sempre stato quello andare ai concerti, ma negli ultimi tempi è già molto se riesco a vederne uno all'anno. Stavolta la scelta era quasi obbligata: David Byrne a Ravenna. Nonostante sia stata la quarta volta, l'esperienza è stata molto intensa: tanti amici e facce conosciute fra il pubblico, spettacolo coinvolgente e scaletta perfetta per muovere il culo e celebrare sia il mito giovanile sia una delle più importanti esperienze prodotte dalla cultura pop. L'uovo di colombo è stata la geniale idea (magari già realizzata da altri, ma non con questa visibilità) di far esibire tutti i musicisti "senza fili", liberi di muoversi per tutto il palco con coreografie semplici ma efficaci. Poco adeguata la scelta del Pala De Andrè con i posti numerati a sedere (e diverse tipologie di prezzo dei biglietti) anche perchè, come ha sinteticamente fatto notare qualcun'altro, poco dopo l'attacco di Once in a lifetime tanta gente (tra cui io e Marlo) si è riversata sotto al palco a fare il proprio dovere di pubblico da concerto di David Byrne. Tra l'altro, nella successiva data di Perugia, è stato proprio Byrne dal palco a chiedere alla security di lasciare che il pubblico abbandonasse le sedie per ballare.
E' (anche) così che funziona la musica.


Jean Fabry a casa di...

Fuori dal Bel paese li chiamano "house concerts", noi li abbiamo chiamati Jean Fabry a casa di... ed il primo si è tenuto a casa del vecchio amico Mirko Liverani. E' partito tutto dalla necessità di tenere accesa la fiammella nei periodi di magra (leggasi no esibizioni in giro) e anche se adesso di robe ne facciamo fin troppe (per le mie forze, almeno) si è rivelato fondamentale rompere il ghiaccio. Suonare a casa degli altri è piuttosto strano, servono delle metaforiche "pattine" e può succedere che la realtà determini il corso degli eventi (tipo i vicini che effettuano il trattamento antizanzare o passano col trattore a dare l'anticrittogamico). Comunque: bel concerto, ottima l'ospitalità (e la pizza di Mirko). Avanti il prossimo!