sabato 30 dicembre 2023

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Non so cosa abbia visto il nostro gufo ma so cosa ho sentito io quest'anno: ecco venti album dalla a alla z.

Bas Jan - Back To The Swamp
Baustelle - Elvis
Black Country, New Road - Live At Bush Hall
Blur - The Ballad Of Darren
Boygenius - The Record + The Rest
ĠENN - unum
PJ Harvey - I Inside The Old Year Dying
Kristin Hersh - Clear Pond Road
Don Letts - Outta Sync
Madame - L'Amore
Angeline Morrison - The Sorrow Songs-Folk Songs of Black British Experience
Billy Nomates - Cacti
Pere Ubu - Trouble On Big Beat street
Caroline Polachek - Desire, I Want To Turn Into You
Olivia Rodrigo - GUTS
Paul Simon - Seven Psalms
Sleaford Mods - UK GRIM
Sufjan Stevens - Javelin
The Bad Ends - The Power And The Glory
Yo La Tengo - This Stupid World

E tre singoli.

Billie Eilish - What Was I Made For
The Beatles - Now And Then
Underworld - Denver Luna

E basta,ciao.

giovedì 30 novembre 2023

Let me go, boys

Mescolare il folk irlandese al punk. Adesso è una cosa scontata, ma quando arrivarono i Pogues per molti di noi fu proprio un'epifania. Il becero luogo comune irlandesi-musica-alcool-casino si sparse ulteriormente nel globo terracqueo, ma chi se ne frega: io ci trovai solo un grande gruppo e delle grandi canzoni. Le grandi canzoni le scriveva un tizio con pochi denti ma storti e la voce del demonio: Shane MacGowan. Oggi, trenta novembre duemilaeventitre, Shane ha lasciato questa dimensione dopo che per almeno trent'anni lo si è costantemente dato per moribondo a causa dei suoi ripetuti eccessi. Non so cosa dire, la gente muore e gli omaggi postumi lasciano sempre il tempo che trovano, ma Shane è stato molto importante per me e per tante altre persone quindi un ricordo ci sta eccome. Ho avuto la fortuna di vederlo dal vivo almeno tre volte e finchè campo ascolterò con piacere ogni tanto la sua voce. Quando da Muzak ascoltai per la prima volta If i should fall from grace with god aggiunsi un altro bel mattoncino nel muro della mia (mal) educazione culturale. Quest'uomo ha scritto - tra le altre - una delle più belle canzoni di tutti i tempi ed è stato un esempio di creatività espressiva fuori dal comune, anche senza conoscerlo di persona era facile volergli bene. Poeta è ormai una parolaccia ma in questo caso si potrebbe usare senza apparire banali. At salut, Shane.

If I should fall from grace with God
Where no doctor can relieve me
If I'm buried 'neath the sod
But the angels won't receive me

Let me go, boys
Let me go, boys
Let me go down in the mud
Where the rivers all run dry

This land was always ours
Was the proud land of our fathers
It belongs to us and them
Not to any of the others

Let them go, boys
Let them go, boys
Let them go down in the mud
Where the rivers all run dry

Bury me at sea
Where no murdered ghost can haunt me
If I rock upon the waves
No corpse shall lie upon me

It's coming up threes, boys
Keeps coming up threes, boys
Let them go down in the mud
Where the rivers all run dry

If I should fall from grace with God
Where no doctor can relieve me
If I'm buried 'neath the sod
So the angels won't receive me

Let me go, boys
Let me go, boys
Let me go down in the mud
Where the rivers all run dry

sabato 18 novembre 2023

Linguàza (o giù di lì)

E così, l'occasione per una serata tutta in dialetto è veramente arrivata. Lo storico Gabbiano di Conselice (dove in gioventù Pappi e Marlo ballavano la gnù vueiv) ha riaperto i battenti post-alluvione nella giornata di San Martino in versione "osteria romagnola" e i Jean Fabry (con tanto di Giulio alle pelli e Gnelez al coaching motivazionale) si sono esibiti in una sorta di Linguàza (o giù di lì) rispolverando per l'occasione svariate versioni in vernacolo di brani angloamericani di chiara fama. Pubblico ai tavoli come in una sorta di Festa Dell'Unità fuori tempo massimo, palco diviso con Cico dét e bèl & Mary Grace, service a cura di Gianlorenzo dei Reverse e Dagmar, facce conosciute e non, applausi, sbigottimento, acustica da sala da ballo, Gramadora a sorpresa e sabadoni per finire. Pensiero conclusivo: questo è stato per la Romagna un anno particolare ed è stato importante stringersi attorno alle tradizioni ma purtroppo le rogne non si accaniscono solo nella terra di liscio e piadina: la mattina dopo i volontari conselicesi sono andati nella Toscana a sua volta flagellata dalle alluvioni a ricambiare l'aiuto ricevuto in primavera. E il discorso si potrebbe allargare alle mille criticità vicine e lontane, naturali e non. Teniamo botta, tutti quanti.

martedì 24 ottobre 2023

Chiedi ai CCCP se non sai come si fa


 

 

 

 

 

 

 



             Nella vita le cose cambiano. Con l'avanzare degli anni, le infinite possibilità della gioventù diminuiscono di giorno in giorno e quindi tocca rivedere le priorità, ottimizzare le energie, riformulare gli obiettivi. Bene: al netto di questo bel mucchio di ovvietà, mi trovo nella condizione di poter finalmente dire di avere visto dal vivo i CCCP. Questo significa almeno due cose: la prima è che devo essere grato a madre natura per avermi permesso di conseguire un risultato che era sfuggito al me stesso giovine, la seconda è che i CCCP ci sono ancora. In realtà, come tutte le espressioni culturali di una certa importanza, non se ne erano mai andati: sono sempre stati parte del discorso, dell'immaginario, di una seppur limitata condivisione collettiva. Ecco, proprio la relativa limitatezza della loro popolarità (sempre all'interno della cerchia di appassionati "alternativi", reduci dell'epoca, fans sfegatati) conferisce notevole rilevanza alla loro resurrezione in carne ed ossa, sia come protagonisti della mostra Felicitazioni! ai Chiostri di San Pietro (Reggio Emilia) sia come rianimatori del loro spettacolo visivo e sonoro al Teatro Valli (sempre Reggio - e dove se no?). Chissà che questa bella esposizione mediatica nell'era socialista - pardon, nell'era social - non allarghi la platea degli ammiratori. Il mio big bang personale fu quando nel cuore degli anni ottanta Pappi me li fece scoprire una sera in macchina: Mi ami?, Emilia Paranoica, Spara Jurij, Valium Tavor Serenase. Roba aliena al mio percorso di musicofilo volto soprattutto alla scoperta del mondo angloamericano, dal rock delle origini all'indie più recente. Però sottopelle i CCCP lavorarono a dovere, fino all'inevitabile epifania: un dì compresi che si poteva (e forse si doveva) fare anche DA NOI, non solo a Londra o New York. Dar vita ad un universo espressivo legato al proprio mondo reale e non solo qualcosa di importato, buono più che altro per essere mitizzato ma mai sperimentato in presa diretta. Questo portò alla nascita della nostra piccola esperienza creativa, quei Jean Fabry che come minimo sono stati "terapeutici" durante tutti questi lunghi anni. Col tempo ho capito il valore del focalizzarsi sulle realtà locali in quanto possibilità di interpretazione dell'esistente più vicino, siano esse musica, teatro, letteratura, arti figurative e via dicendo. In tutto questo il "successo" c'entra fino a un certo punto e se proprio di successo si volesse parlare, sarebbe il benvenuto quello in grado di trasmettere in modo efficace, mettere in relazione, stimolare curiosità, far desiderare conoscenza da poter spendere nella vita di tutti i giorni. Il mondo dei CCCP è al tempo stesso vastissimo e a chilometri zero: il megafono punk da periferia dell'impero (quale?), l'ambivalenza dell'Emilia signora/operaia e colta/popolare, il telegiornale pre-apocalittico con le guerre fuori e dentro di noi, la commedia dell'arte nelle discariche, la donna immagine e la donna che immagina. Non vanno idolatrati, i CCCP: semmai va valorizzato il loro lavoro e quello di tutti coloro che si sono spesi e si spendono quotidianamente seguendo coordinate similari (cantando canzoni o - chessò - costruendo mongolfiere) nella speranza di comprendere questo incomprensibile universo nel quale - apparentemente - esistiamo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                     Reggio Emilia, 22 ottobre 2023 (foto Marlo)

domenica 8 ottobre 2023

Questa terra spalata

Il giorno 29 settembre dell'anno 2023 si è tenuto a Russi (RA) "Questa terra spalata", un piccolo benefit fatto-in-casa pro-alluvionati. Bella serata e buon risultato. Dal punto di vista personale, il piacere di essere tornato a fare cose con l'Ing. Ragazzini, con cui abbiamo rispolverato il modus operandi dell'antico spettacolo Linguáza: classici pezzi angloamericani virati sul romagnolo ma con un retrogusto nerd. Nello specifico, i bersagli sono stati due pezzi Beatles: I saw her standing there / Lì l'a s'è farmeda aqué, inno al "camerone" (e camarôn, luogo in cui i nostri avi si ritrovavano per ballare e - ovviamente - abbordare) e Ticket to ride / La ciapa sò e su trent'ôn (inno all'autodeterminazione femminile in campo relazionale, cosa rara ai tempi che furono e - ahimè - pure al giorno d'oggi). Il risultato delle riletture è stato molto divertente per chi si è esibito e direi anche per chi assisteva, tanto che è riemersa la voglia di misurarsi nuovamente con un intero spettacolo in vernacolo, cosa che ho sempre vissuto con ambivalenza per il rischio insito di ridicolizzare una lingua popolare - pressoché morta, peraltro - relegandola al ruolo di idioma per non acculturati. Ora, siccome questa cosa non è vera e noi (Jean Fabry / versione famiglia allargata) siamo sempre stati inclini a voler dimostrare cose per le quali nessuno abbia mai chiesto una dimostrazione, probabilmente alla prima buona occasione ci riproveremo. Bên, bên, bên!



domenica 10 settembre 2023

Il vuoto, il nulla e il punk mentale

L'osservatore determina la realtà. Questo è uno dei fondamenti della fisica quantistica che, al momento in cui scrivo (e già qui i quantistici avrebbero da dire un paio di cosette) è ancora una scienza che sconfina sovente nel paradosso e nell'inconcepibile. A proposito di inconcepibile: il nostro amico fisico Tiziano Cantalupi ha pubblicato assieme al filosofo Filippo Onoranti il libro "La nascita dell'universo dal nulla" e l'altra sera a Forlì, durante una delle loro svariate serate di presentazione, si sono esibiti i Jean Fabry. Mi spiego meglio: non è che mentre loro due presentavano il libro noi stessimo suonando da un'altra parte a Forlì: no, noi fungevamo da intermezzo "musicale" proprio all'interno del loro evento. In pratica Claudio Molinari, che da quando è in pensione (a mie spese) si ritrova un mucchio di tempo libero, si è autoinvitato (tirandoci ovviamente in ballo) interfacciandosi direttamente con l'organizzatore, il vulcanico libraio Giunchi. Ne è risultata un'avventura divertente e surreale durante la quale si è passati da disquisizioni sulla differenza fra vuoto e nulla a canzoncine sbilenche su rotoballe e centri commerciali. Pare che il pubblico abbia gradito e che comunque, in quanto osservatore, abbia determinato ciò che è accaduto. Quindi la colpa è degli spettatori. E io li ringrazio perchè per l'ennesima volta siamo riusciti ad andare contro la logica, il buon senso e forse anche contro la grande tavana che ci sta intorpidendo da tempo immemore il corpo e lo spirito.

venerdì 18 agosto 2023

Seamus e i libri dimenticati

È risaputo che la mia generazione ha sempre avuto un debole per l'Irlanda (o meglio Éire, tanto per cominciare subito a fare gli snob) e non sarò certo io a smentire la questione. Per quanto mi riguarda, gran parte dell'appeal è sempre stato legato alla musica popolare suonata da quelle parti, in egual misura caciarona, epica e malinconica. Come tanti, in gioventù ho fatto una sorta di viaggio a ritroso partendo dal folk american-dylaniano... riportando tutto a casa (mi scuso per la banalità). Sul finire degli anni ottanta - inizio novanta la mia sezione di ascolti Irish andava dai Planxty (comprai il primo album a scatola chiusa senza avere idea di chi fossero - alla faccia della fortuna degli irlandesi!) ai Pogues (una delle entità creative che mi hanno cambiato la vita) con tutto quello che c'era nel mezzo. Grazie all'associazione Tratti sono persino riuscito a vedere a Faenza sia i Dubliners che i Chieftains! E vabbè, poi Bubola e la Mannoia han fatto una specie di canzone-cartolina, sono arrivati i Modena City Ramblers (praticamente i Nomadi senza Guccini ma con violino-fisarmonica-birra d'ordinanza) e siamo addirittura arrivati ad una specie di penoso scontro politico-culturale per appropriarsi di tutto ciò che aveva un vago sentore di celtico. In casa mia è arrivata finalmente una guida turistica (cartacea!) dell'Irlanda con l'intenzione di usarla in loco e poi... puf! Son passati venticinque anni. Cos'è successo nel frattempo? Internet, la globalizzazione, il turismo di massa... Dài, adesso basta: andiamo a vedere cosa è rimasto! Beh, al netto dei cambiamenti epocali di cui sopra e delle consuete trappole per turisti, nei pochi giorni trascorsi sull'isola devo dire che qualcosa di sufficientemente genuino son riuscito a godermelo. Credo.

Ho visto pecore, mucche, erba. Ho visto il pozzo di San Patrizio. Ho visto Shane MacGowan, Christy Moore e la povera Sinéad sull'Irish Music Wall Of Fame. Ho visto la squadra di Dublino alzare la coppa di football gaelico. Ho visto un mucchio di italiani. Ho visto altre pecore. Ho visto un americano suonare le uilleann pipes. Alle scogliere di Moher ho visto una lepre irlandese, un suonatore di bodhran, del trifoglio e le scogliere di Moher. Ah, e l'Atlantico. E altre mucche. Ho visto il suolo lunare ma era il Burren. Ho visto Kilkenny dall'alto della St.Canice Tower dopo aver amabilmente discusso con un locale homeless nel mio inglese smonco. Ho visto suonare gli Shamròg e ho cantato The wild rover. Ho visto erba, mucche, pecore e gabbiani (non li avevo ancora menzionati i gabbiani?). Ho bevuto come tutti la birra con l'arpa per non fare troppo l'originale. Avrei voluto chiedere alla nostra guida Hugh (che lavorava da giovane per la radio di stato Rté) se aveva avuto a che fare con qualche storico musicista locale durante le sue trasmissioni. Non l'ho fatto perchè mi sto rammollendo. Ho imparato che il "perfect weather" è un'alternanza di pioggia e sereno con non più di venti gradi centigradi. Ho capito che, con tutte le disgrazie che hanno avuto, il minimo per gli irlandesi è vedere ogni tanto qualche leprecauno nei boschi. A proposito di leprecauni: uno di loro mi deve aver fatto un sortilegio riportandomi indietro nel tempo, perchè ad un certo punto mi son trovato dentro ad un negozio di dischi a comprare dei cd. Non contenti, abbiamo acquistato persino qualche libro, con i fogli di carta e le parole stampate. Tipo quelli (parecchi) che ci ha mostrato orgogliosamente il nostro host Seamus prima che ce ne andassimo, tutti dimenticati dagli ospiti durante la loro permanenza nel suo albergo a Dublino. Seamus ci ha tenuto a precisare "I don't read books" e in lontananza ho sentito le grida di dolore di Joyce, Wilde e Yeats. Ma erano solo gabbiani.