mercoledì 27 ottobre 2010

Once there was a friend of mine who died a thousand deaths

Qua si parla di un'era geologica fa, quando me ne andavo in giro per la provincia romagnola a caccia di vinile. No, perchè adesso il vinile è tornato di moda, pare sia una roba figa, ma una volta era l'unico modo di ascoltare musica con dedizione. Prima del download, se non avevi un amico che avesse quello che cercavi eri bell'e che a posto. E badate che il cd esisteva già, ma non è come adesso, che tra un po' ristampano anche Fausto Papetti (come? Già fatto?): bisognava muoversi e avere fortuna. Per un periodo piuttosto lungo, tra i cascami del grunge e il manierismo di oggi, la mia caccia era rivolta a gente come Neil Young. Era una star, ma era anche palesemente uno sfigato, con quella voce assurda e quel modo di suonare la chitarra elettrica, come dire... naif. E' che aveva fatto una paccata di soldi col country-rock, ma era tutt'altro che uno spirito campagnolo. Mezzo hippy e mezzo punk (senza saperlo, ma qualche dubbio ogni tanto deve averlo avuto), dallo stile riconoscibilissimo, infilò negli anni settanta una serie di dischi uno più bello e schietto dell'altro, lasciandosi guidare dai suoi tumultuosi cambi di umore e dalla stella polare del rock'n'roll, o perlomeno di quel che lui credeva che fosse. E' sempre stato facile volergli bene, almeno per me. E non penso di essere il solo, considerando il fiume di gente che si è ispirata al suo modo di fare musica nel corso del tempo. Se solo tutti fossero sinceri un millesimo di quanto lo è (quasi) sempre stato lui! Ad ogni modo, dopo anni di alti, medi e bassi, Neil è tornato con un disco "notevole": Le noise, in collaborazione con Lanois (l'arredatore del suono U2 con Eno, tutto echi e riverberi "ambientali"): solo voce e chitarre, "trattate" però a dovere e foriere di qualche sorpresa "sonica". Al di là del suono, sono però la maggior parte delle canzoni a far la differenza: un Neil Young senz'altro di maniera, ma onesto e comunicativo. Insomma, questo disco avrebbe fatto la sua porca figura a prender la polvere nei "forati" da Tatum, da Mephisto o alla Casa del disco nei primi anni '90. In attesa di un archeologo che se lo portasse a casa per un migliaio di lire italiane o giù di lì. E non appena giunto a casa... alè, via: su due facciate di una C46 e dentro l'autoradio, che il Canada confinava con Castel Bolognese o Massalombarda, altro che USA.

martedì 26 ottobre 2010

Livóre

Piomba l'autunno, come un'overdose di narcolettico, ma niente da fare. La testa non dorme, continua a girare senza tregua. Gli occhi vedono una moltitudine di bicchieri mezzi vuoti e, nonostante gli sforzi, l'ottimismo è agli sgoccioli. Dunque: la televisione non bisogna guardarla, i giornali meglio lasciarli perdere, i discorsi della gente in carne ed ossa peggio che andar di notte. In questa parte di mondo, basta un triste caso di cronaca nera e tutto passa in secondo piano, altro che panem et circenses, questi fanno le corriere per andare a vedere i posti dove hanno ammazzato qualcuno e se ne fregano se le fabbriche chiudono. Soprattutto, se ne fregano di capire PERCHE' le fabbriche chiudono. E ognuno bada alla propria parrocchietta di riferimento, guai a dire una parola di troppo, guai a farsi vedere nel posto sbagliato, guai a rischiare. Non è questione di regime o di censura, la realtà è che comandano tutti e non comanda nessuno, così i pecoroni non sanno più che pesci pigliare e vanno in giro a vanvera. E se qualcuno fa una cazzata, il giorno dopo non c'è più uno che se la ricordi. O che se la voglia ricordare. Tanto ormai, la prima pietra l'abbiamo lanciata tutti, e da un pezzo. E allora? In cosa ci si rifugia? Nella spiritualità? Nell'arte? Negli allucinogeni? Ma no, niente paura, non c'è bisogno di sforzarsi. I giorni si sono accorciati, basta rintanarsi in casa. Poi magari presto arriva un po' di nebbia.

domenica 10 ottobre 2010

Guazza in piazza

"L’immagine dei quindicenni che pogano su Stringi Le Viti (di tanto in tanto) e che, alla fine, salgono sul palco per stringere la mano ai presenti è stata autenticamente commovente, e, a modo suo, impagabile. Peccato solo che siamo una radio, non una televisione."

Radio NK, 10 ottobre 2010

Ma facciamo un passo indietro. In un soleggiato pomeriggio d'autunno mi sto dirigendo verso Alfonsine, dove i Jean Fabry sono attesi per esibirsi alla Festa Dell'Uva organizzata dalla Pro Loco (ebbene sì, non ricordo esattamente quando, ma i Jean Fabry sono diventati un gruppo da sagra paesana, e lo dico con il dovuto rispetto per la sagra paesana). Fatto sta che improvvisamente mi squilla il cellulare: è il sindaco Molinari che mi avvisa che il gruppo di supporto sta già montando ed è in procinto di fare i suoni. Ora, la cosa in sè non è drammatica in senso generale, ma conosco bene le difficoltà insite nella routine montare-fare i suoni-far montare e fare i suoni al gruppo di supporto senza scombinare tutto e, dato che l'ordine logico delle cose è stato un po' stravolto, perdo le staffe e mi incazzo, essendo tra l'altro già un po' stressato di mio. Giungo ad Alfonsine con la bava alla bocca e scopro che erano stati dati col passaparola orari a vanvera ai due gruppi, quindi chi è arrivato per primo ha alloggiato meglio. A questo punto, scatta una delicata operazione diplomatica per risolvere la questione ed io compio l'azione che cambierà il volto della giornata: vado a farmi un giretto nella farmacia del Wemma. Ne esco rilassato (senza aver avuto bisogno di nessuna sostanza psicoattiva) e si parte. Il service di Angelino & C., una vera e propria istituzione, è impeccabile come al solito e dopo un po' di prove lasciamo spazio ai ragazzi dei TheLastHorizon, che attaccano il loro set punk-rock (con un tocco di AC/DC) e ci conquistano eseguendo Blitzkrieg Bop (eh, capirai, direbbe qualcuno, ma tant'è). Fa uno strano effetto vedere gente nata nei Novanta suonare i Ramones con sincero trasporto e viva emozione: ci sono mirìadi di spiegazioni a questo fenomeno ma l'importante è urlare Hey! Oh! Let's go! assieme a loro e basta. Tocca a noi. Comincio con Sheena is a punk rocker, tanto per stare in tema, e il gruppo, rassegnato ad andare dietro alle mie paturnie, mi viene dietro per una buona mezz'oretta di "prove", cioè pezzi non in scaletta che eseguiamo per scaldarci un po'. Entra poi in scena il Demiurgo e il concerto prende ufficialmente il via. Alterniamo pezzi nuovi, pezzi vecchi, pezzi da Linguàza e pezzi da Ambarabà CD cocò, tanto non cambia niente: il pubblico come al solito si divide fra quelli che sorridono sbigottiti e quelli che se ne vanno a fare un giro. A questo punto, nel fresco della sera, tornano in piazza i TheLastHorizon coi loro amici e si piazzano sotto al palco. Cominciano a pogare su Voglio scappare con il Circo Bidone (il quale è passato dalle nostre parti quando non erano ancora nati, va rimarcato anche questo) e le cose prendono la giusta piega, soprattutto quando il sindaco ha il coraggio di propormi Stringi le viti (di tanto in tanto) come fuori programma. Il delirio si impossessa della Festa Dell'Uva e il punk mentale ha la meglio su tutto il resto. La nostra personale musicoterapia fa effetto anche sugli adolescenti e il cerchio si chiude. Alla fine, resta solo la guazza.