venerdì 18 agosto 2023

Seamus e i libri dimenticati

È risaputo che la mia generazione ha sempre avuto un debole per l'Irlanda (o meglio Éire, tanto per cominciare subito a fare gli snob) e non sarò certo io a smentire la questione. Per quanto mi riguarda, gran parte dell'appeal è sempre stato legato alla musica popolare suonata da quelle parti, in egual misura caciarona, epica e malinconica. Come tanti, in gioventù ho fatto una sorta di viaggio a ritroso partendo dal folk american-dylaniano... riportando tutto a casa (mi scuso per la banalità). Sul finire degli anni ottanta - inizio novanta la mia sezione di ascolti Irish andava dai Planxty (comprai il primo album a scatola chiusa senza avere idea di chi fossero - alla faccia della fortuna degli irlandesi!) ai Pogues (una delle entità creative che mi hanno cambiato la vita) con tutto quello che c'era nel mezzo. Grazie all'associazione Tratti sono persino riuscito a vedere a Faenza sia i Dubliners che i Chieftains! E vabbè, poi Bubola e la Mannoia han fatto una specie di canzone-cartolina, sono arrivati i Modena City Ramblers (praticamente i Nomadi senza Guccini ma con violino-fisarmonica-birra d'ordinanza) e siamo addirittura arrivati ad una specie di penoso scontro politico-culturale per appropriarsi di tutto ciò che aveva un vago sentore di celtico. In casa mia è arrivata finalmente una guida turistica (cartacea!) dell'Irlanda con l'intenzione di usarla in loco e poi... puf! Son passati venticinque anni. Cos'è successo nel frattempo? Internet, la globalizzazione, il turismo di massa... Dài, adesso basta: andiamo a vedere cosa è rimasto! Beh, al netto dei cambiamenti epocali di cui sopra e delle consuete trappole per turisti, nei pochi giorni trascorsi sull'isola devo dire che qualcosa di sufficientemente genuino son riuscito a godermelo. Credo.

Ho visto pecore, mucche, erba. Ho visto il pozzo di San Patrizio. Ho visto Shane MacGowan, Christy Moore e la povera Sinéad sull'Irish Music Wall Of Fame. Ho visto la squadra di Dublino alzare la coppa di football gaelico. Ho visto un mucchio di italiani. Ho visto altre pecore. Ho visto un americano suonare le uilleann pipes. Alle scogliere di Moher ho visto una lepre irlandese, un suonatore di bodhran, del trifoglio e le scogliere di Moher. Ah, e l'Atlantico. E altre mucche. Ho visto il suolo lunare ma era il Burren. Ho visto Kilkenny dall'alto della St.Canice Tower dopo aver amabilmente discusso con un locale homeless nel mio inglese smonco. Ho visto suonare gli Shamròg e ho cantato The wild rover. Ho visto erba, mucche, pecore e gabbiani (non li avevo ancora menzionati i gabbiani?). Ho bevuto come tutti la birra con l'arpa per non fare troppo l'originale. Avrei voluto chiedere alla nostra guida Hugh (che lavorava da giovane per la radio di stato Rté) se aveva avuto a che fare con qualche storico musicista locale durante le sue trasmissioni. Non l'ho fatto perchè mi sto rammollendo. Ho imparato che il "perfect weather" è un'alternanza di pioggia e sereno con non più di venti gradi centigradi. Ho capito che, con tutte le disgrazie che hanno avuto, il minimo per gli irlandesi è vedere ogni tanto qualche leprecauno nei boschi. A proposito di leprecauni: uno di loro mi deve aver fatto un sortilegio riportandomi indietro nel tempo, perchè ad un certo punto mi son trovato dentro ad un negozio di dischi a comprare dei cd. Non contenti, abbiamo acquistato persino qualche libro, con i fogli di carta e le parole stampate. Tipo quelli (parecchi) che ci ha mostrato orgogliosamente il nostro host Seamus prima che ce ne andassimo, tutti dimenticati dagli ospiti durante la loro permanenza nel suo albergo a Dublino. Seamus ci ha tenuto a precisare "I don't read books" e in lontananza ho sentito le grida di dolore di Joyce, Wilde e Yeats. Ma erano solo gabbiani.