lunedì 15 aprile 2019

Senza una ragione con un buon motivo

Sono venticinque anni che I pappi dei pioppi se ne vanno in giro. La sera del 15 aprile 1994 io e Pappi debuttammo con quel nome lì alla ex casa del popolo di Alfonsine. Era una festa di compleanno e francamente non ricordo come ci arrivammo. Il nostro assetto era: io alla voce e alla chitarra di Vandelli (così chiamata perchè la cognata di Pappi ci ha sempre detto che era appartenuta al leader dell'Equipe 84 e se l'era trovata in casa dopo una Festa dell'Unità o giù di lì) e Pappi al basso indiano Hondo. Di solito usavamo anche la drum machine minimale DRP2 della Sony e l'ampli da basso valvolare Marshall dove collegavamo tutto. Non so se quella sera avessimo dietro questo ben di dio o se l'impianto si trovasse già in loco. Il mio microfono non aveva l'asta e lo attaccammo ad un treppiede di scope. Suonammo poco, probabilmente facemmo Roadrunner di Jonathan Richman e Spara Jurij dei CCCP, forse un pezzo nostro che si chiamava Ylenia (reazione scomposta al fastidioso tam-tam mediatico sulla sparizione della povera figlia di Albano e Romina) e forse qualcos'altro. Rammento che non sentivo bene niente, solo un gran rumore metallico e la mia voce persa nel rimbombo sotto i neon. Breve e poco gradevole: la classica prima volta. La cosa bella è che eravamo il gruppo spalla dei Kaori Kitchen, il cui cantante era Marlo. Adesso che ci penso, mi sa che furono loro ad intercedere per farci esibire. Tutto si era compiuto: i Jean Fabry erano già lì, in quei pochi metri quadri, pronti a conquistare il mondo. A proposito: com'era il mondo venticinque anni orsono? Inutile dire che quasi nessuno usava Internet. In Italia governava Berlusconi da pochissimo e si era un po' tutti sotto shock, Kurt Cobain era morto da pochissimo e si era un po' tutti sotto shock, insomma si era un po' tutti sotto shock e ognuno reagiva a modo suo. Noi, che eravamo già vecchi, cominciammo ad andare in giro a suonare. Ogni tanto capita ancora.

martedì 9 aprile 2019

il partito e la partita

Ma vogliamo veramente parlare di politica? Dài, va là, non scherziamo. Parliamo piuttosto del tempo, della primavera a singhiozzo e delle rondini indecise. O di calcio, ecco, parliamo di calcio. O di un altro sport a caso, che alla fine l'importante è solo vincere. No? Non è così? A partire da Cristiano Ronaldo, giù giù fino ai settori giovanili della provincia più preda dei social s'ode un sol grido: vincere! E vinceremo! Ma cosa dico? Ma no, il fascismo è una roba ormai morta e sepolta. Come il comunismo, del resto. Ma allora cosa ci facevamo domenica mattina io Pappi e Balbi in piazza a Russi vicino ad un bandierone con la falce e martello a cantare Addio Lugano bella, Son la mondina son la sfruttata e via andare? Non è che fossimo parte del mercatino del vintage che si teneva tutt'intorno a noi? La signora leghista della bancarella dietro al palco ci sfotteva amabilmente chiedendosi perchè non avessimo fatto anche Vecchio scarpone e intanto appiccicava foglietti con scritto Grazie Salvini e il cuoricino ben in evidenza. Proprio come alla partita. La signora sapeva bene che era già finita e aveva vinto lei, ma noi non volevamo mica giocare. Volevamo solo ricordare altre partite ben più importanti giocate tanto tempo fa, quando la posta in palio era nella peggiore delle ipotesi la pelle e nella migliore la dignità umana, altro che le botte di dopamina che ti arrivano guardando il campionato sullo smartphone in attesa di vincere anche le elezioni. Ma ci sono ancora le elezioni? Si vota online? Non è che ci mette lo zampino la solita giuria di radical chic che ribalta la volontà popolare dall'alto dei propri previlegi da snob? E contro chi votiamo? I migranti? Gli zingari che ci rubano le case? Gli arbitri che ci rubano le partite? Internet che ci ruba i dati personali? Ma non glieli avevamo dati noi? Basta, rivoglio Radio Capodistria e il programma di dediche dove mettevano su Mamma di Beniamino Gigli e poi Bandiera Rossa, mica come noi che in piazza non l'abbiamo neanche fatta e siamo riusciti a deludere anche i vecchi compagni nel bel mezzo del zavaglio generale dove tutto passa, resta solamente il rusco, tutto passa e va. Ecco, bravo radical chic, ci mancava solo l'autocitazione, hai fatto l'en plein. Adesso però, prego andare, che qua la gente per bene deve continuare a vincere.