Il giorno 19 maggio dell'anno 2024, nello spazio antistante al Centro Culturale Il Granaio di Fusignano (paesone della Bassa Romagna), gli astri della piccola galassia Jean Fabry si sono allineati per dare vita all'esibizione "Zira zira...", evento di chiusura della mostra "Trent'anni di zavaglio". Radunati amici, parenti e semplici conoscenti, si è proceduto come sempre: un occhio a testi/spartiti/scaletta e un occhio al cielo sperando che ce la mandasse buona. In verità, in questa occasione, il cielo di cui sopra è stato estremamente benevolo perchè ha consentito lo svolgimento di una performance particolarmente ispirata, snocciolatisi nel corso di circa due ore e mezzo senza cedimenti nella (apparente) soddisfazione generale.
Con la benedizione del busto di Zanardi (opera di Luca Tarlazzi collocata nelle vicinanze, omaggio al genio di Paz), il giro è iniziato con una canzone del Jean Fabry originale (Sto girando un po'), seguita da Spalàta (in ricordo della disgraziata alluvione di un anno fa) e da una corposa sezione Capra & Cavoli (il nostro fortunato alter ego "per bambini"). Boccacce in libertà, romagnolismi, filastrocche antimilitariste e un recupero dal passato remoto: quella L'egoland durante la quale il Marlo ha distribuito mattoncini colorati con la moraletta finale di unirli tutti assieme perchè da soli servono a ben poco. Finale di segmento con la quantomai preziosa apparizione del violinista-erborista Marco Cavina.
Nelle sapienti mani (e orecchie) del fonico Alex Ferro si è passati alle deferenti cover, pezzi di artisti che nel bene e nel male ci hanno indicato la via: Skiantos, CCCP (la nostra versione di Io sto bene è stata così efficace che i titolari del brano hanno deciso di non eseguirla due sere dopo in quel di Bologna, almeno credo sia questo il motivo) e - con l'ausilio dell'Ing.Ragazzini - Jonathan Richman, di cui abbiamo sciorinato quel caposaldo della naiveté che è Ice cream man, con tanto di campanelli, coretti e reprise. Non contenti, ne abbiamo fornito anche la versione tradotta Arriva Bomba, omaggio allo spacciatore di gelati e bomboloni in Apecar nella Russi (altro paesone della Romagna, in questo caso non Bassa) che fu, ricordo indelebile delle generazioni pre-modernità. Ovviamente i campanelli in questo caso sono stati sostituiti da trombette-clacson e alla fine non sapevamo più se ridere o piangere di gioia (gli astanti annichiliti hanno parso gradire, o forse erano semplicemente sotto shock). Approfittando della presenza dell'Ingegnere siamo passati al segmento "Linguàza", denunciando come sempre i furti di brani originali romagnoli da parte delle divinità anglo-americane (per pareggiare i conti, quella Oh my Romagna che pare aver pesantemente ispirato la versione italiana del Maestro Casadei).
A questo punto, i "classici" (va beh, si dice così) del punk mentale con (tra le altre) le innumerevoli versioni di Stringi le viti di tanto in tanto e - richiamato al proscenio il Cavina - un versione parecchio "d'avanguardia" di Voglio scappare con il Circo Bidone. Dopo gli immancabili Pappi dei pioppi, spazio al Sindaco Molinari per la sua versione dialettale de La Balilla, con tanto di Stefano Pelloni (non quello, l'altro) per rinforzare la parte corale alpino-gregoriana.
Nel momento di massimo coinvolgimento emotivo, conclusione con quella E zir d'e clomb a cui torniano immancabilmente ogni volta e stop. Qualche ardimentoso ha chiesto dei bis e con un ultimo sforzo (e ovviamente molto piacere) sono arrivate Ghiandole, Mercatone e Parallelo. Fine mostra e fine spettacolo, ad essere onesti probabilmente l'ultimo o comunque (tanto per seguire le mode) il primo degli ultimi. Lunga vita al punk mentale e arrivederci in qualche altro universo. Tempo e luogo un optional.
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