domenica 16 giugno 2024

Non sai neanche cosa sia, te, il punk

A causa degli oramai sempre più frequenti cortocircuiti spaziotemporali, è accaduto che io e Pappi fossimo in Piazza Maggiore a Bologna al concerto dei CCCP. Dimenticavo: nel 2024 e non nel 1984, dettaglio non trascurabile. Ora, al netto delle polemiche sul si-sono-venduti, nei-luoghi-pubblici-solo-eventi-gratis, eccetera, mi sono divertito ed è stato un piacere vedere tanta gente onorare non tanto le persone sul palco, quanto QUELLE CANZONI. Non pensavo sarei mai tornato a sballonzolare pigiato in mezzo ad un carnaio simile (età media più bassa di quel che pensavo, tra l'altro) ma, ripeto, è stato tutto molto divertente. Compreso l'accenno di rissa con uno dei soliti che si infilano davanti all'ultimo momento, in balìa di una danza scomposta e parecchio molesta nei confronti dei vicini. Al culmine della tensione, dopo qualche spinta e un intervento moderatore da parte della security, il tizio di cui sopra ha abbozzato una (peggiorativa) giustificazione rimproverando i presenti di non aver colto lo spirito di un concerto punk. A questo punto Pappi ha proferito le seguenti parole: "Non sai neanche cosa sia, te, il punk". Al di là del fatto che Pappi secondo me aveva completamente ragione, mi sono posto il problema: e io lo so cos'è, il punk? Flashback: due settimane prima, alla mostra dei Jean Fabry a Fusignano, il benemerito Federico Savini ha condotto una stimolante serata sulla musica "outsider" romagnola, distinguendola bene da quella alternativa o indipendente. Ci ha proposto di suonare il nostro pezzo "Il punk fa la fine del blues", una roba ispirata alla terza o quarta generazione di musicisti punk, gente che in effetti di punk aveva solo l'apparenza o poco più. Quindi? Una volta stabilito cosa non è punk, si tratta di stabilire cosa invece lo sia. E non vale dire "tutto il resto". Posso provare a dire cosa sia per me, il punk. Indicativamente qualcosa di autentico, che tenta di alzare l'asticella espressiva con i (pochi) mezzi a disposizione. Può essere contemporaneamente empatico e respingente, e se c'è provocazione non è mai fine a se stessa (se no si lambisce la goliardia, che, seppur valida, è un'altra cosa). Il punk non si può confinare in un genere o in uno stile, è più che altro un modo di porsi (anche brusco) nei confronti degli altri cercando un contatto, uno scambio, una relazione. Non è tanto antiaccademico, quanto piuttosto contro la supposta superiorità dettata esclusivamente dal curriculum o dalla condizione socio-economica. Tutti possiamo essere punk, anche solo per un momento. È una questione di qualità.

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