mercoledì 26 ottobre 2011

Un verre de glace pour tous, s'il vous plait









Sarà amnesia o memoria selettiva? Io ci scherzo sempre su, ma la realtà è che ho dei problemi a ricordare le cose. Ergo, prima che sia troppo tardi (e forse lo è già) proverò a buttare giù due castronerie sulla gita sociale dei Jean Fabry a Parigi. Più che altro per avere una ulteriore prova del fatto che questa cosa sia accaduta veramente, giacchè mi pare davvero un azzardo anche solo ripensarci. Intanto vanno ringraziati gli amici che ci hanno aiutato in questa avventura, da Gianni e Laurence di Altr'e20 ad Arcomanno, Caroline, Gennaro, Antoine più tutti gli altri che non nomino per brevità. Poi credo si possa procedere con alcuni ricordini a caso. Per esempio il viaggio allucinante e bizzarro intrapreso da una parte di noi: all'andata in pullman (a causa di uno sciopero dei treni indetto all'ultimo minuto) con un autista che si fermava ad ogni autogrill ed aveva una concezione tutta sua della geografia, al ritorno in un vagone letto condiviso con due monache dirette in Vaticano. Poi il peregrinare per Belleville e il Marais con gli strumenti al seguito sous la pluie de Paris: poetico, ma fino ad un certo punto. E il pubblico del Bistrot Letteraire Les Cascades? No, dico, vogliamo parlarne? Per carità: bellissima gente, ma gente alla Jean Fabry. C'era un inglese ubriaco frascico che ogni tanto inveiva contro l'universo intero; c'era un tipo che ha intrattenuto una complessa conversazione con Pappi e Marlo su certe sigarette come le Johnny, boh; c'era una tipa che per tutta l'esibizione ha richiesto la canzone La polenta (prometto che mi documenterò). Poi c'è stato il concerto all'Espace Blanc Manteaux: classico concerto Jean Fabry con pubblico composto dai classici pochi-ma-buoni, con fans giapponesi (!) attenti ad ogni singola nota e le ragazze dello staff che comprano Rotoballe e se ne escono con un "Ah, c'è anche Punk mentale!" da goccioloni. Mi meraviglio che noialtri si sia riusciti a tenere i nervi saldi durante l'esecuzione di Quand il est mort le poete, Gli scariolanti e Il cielo in una stanza. Et les enfants? Sentirli cantare Dove si nasconde il camaleonte e Sous le pont de baraca è stato fantastico. Poi, se non ricordo male, si è persino favoleggiato con Luigia di un rockumentary sul vero Jean Fabry. Insomma, siamo tornati bambini anche noi e per tre giorni è stato Natale, accidenti. C'è stato spazio anche per la convivialità a tavola, da Chez Marianne (dove il mio vegetarianesimo ha trovato il bengodi) a Le Tais, il quale merita un discorso a parte. A parte l'ottimo couscous, resterà per sempre nella nostra memoria il padrone del locale, che ci ha chiesto a più riprese di suonare da lui e ha persino messo su i nostri mp3 (dopo L'italiano e Ti amo). Poi, durante un dibattito sulla differenza fra bonheur e plaisir, Marlo (con l'intento di far portare i bicchieri ai commensali) ha chiesto "Un verre de glace pour tous, s'il vous plait!" mescolando arditamente "glass" e "glace". Mentre la cameriera portava ad ognuno di noi il suo inutile bicchiere pieno di ghiaccio e Pappi complicava ulteriormente la questione tirando in ballo maiali ghiacciati (i verri di ghiaccio, insomma), lo spirito di Jacques Clouseau scendeva finalmente su di noi e benediva i nostri capelli grigi e le nostre canzoncine incoscienti, figlie di quel lontano pomeriggio di settembre in cui il signor Giovanni Fabbri di Lugo ci mostrò una volta per tutte la retta via.

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