venerdì 30 dicembre 2022

Bye bye 22

Oh. Come ogni anno è giunto quel momento dell'anno denominato "fine dell'anno", in cui l'anno vecchio sta per finire e l'anno nuovo sta per fare capolino. Spero di essere stato sufficientemente chiaro. Tradizionalmente, è l'occasione in cui si ritrovano in modalità virtuale tutti i maniaci delle liste, i catalogatori ossessivi-compulsivi, gli statistici, gli accumulatori seriali di roba inutile e tutte le altre categorie patologiche più o meno innocue per fare il rendiconto degli ultimi 365 giorni. Chiaramente non ha il minimo senso, ma per qualcuno di noi è liberatorio e infantilmente gratificante. Di solito io faccio la lista dei dischi dell'anno, una roba da vecchi musicofili sfigati. Ecco quindi, in ordine alfabetico, i dieci album che nell'ultimo giro della terra intorno al sole mi hanno fatto più venir voglia di essere riascoltati:


Almamegretta - Senghe
Horace Andy - Rockers & Scorchers
Bas Jan - Baby U Know
Los Bitchos - Let The Festivities Begin
Black Country, New Road - Live at Fuji Rock 31/07/22 (bootleg)
Dry Cleaning - Stumpwork
Francesco Guccini - Canzoni Da Intorto
Julia Jacklin - Pre Pleasure
Aldous Harding - Warm Chris
Wet Leg - Wet Leg

Menzione onorevole:

Belle And Sebastian - A Bit Of Previous
Black Country, New Road - Ants From Up There
The Dream Syndicate - Ultraviolet Battle Hymns And True Confessions
King Hannah - I'm Not Sorry, I Was Just Being Me
Konstrakta - Triptih
Pixies - Doggerel
Primus - Conspiranoid
Rosalia - Motomami
The Smile - A Light For Attracting Attention
Massimo Zamboni - La Mia Patria Attuale

Ristampe:

The Beatles - Revolver
Branko Mataja - Over Fields And Mountains
Lee Scratch Perry - King Scratch

Alè. Possono cominciare i lavori per la lista di fine 2023.

lunedì 21 novembre 2022

I vecchi e i bambini

Dal 1997, almeno una volta all'anno, il trio formato da me, Pappi e Marlo ha dato vita ad una qualche esibizione davanti ad un pubblico. Venticinque anni! Va beh, c'è poco da celebrare: si vedono e si sentono tutti. La prima volta nel 2022 ha avuto luogo ieri. I Capra & Cavoli hanno avuto la possibilità di intrattenere bimbi e genitori al nido d'infanzia di Alfonsine (dopo esser passati da quello di Sant'Agata due giorni prima), grazie al Centro per le famiglie della Bassa Romagna. Ci siamo divertiti tutti quanti, Marlo/Zio Lupo era scatenato, io mi sono volentieri sgolato (e anche un po' slogato, dato che alla fine mi son ritrovato la schiena inchiodata) e Pappi non ha ancora capito cos'è un Tirintoppete. E' sempre una bella terapia di gruppo, ma non c'è niente da fare: siam vecchi. Non siam mai stati dei fenomeni (da bravi dilettanti) ma sicuramente la fatica è sempre di più e il tempo da dedicare alle nostre avventure è sempre di meno. Vorrà dire che faremo come tutti i vecchi (e i bambini) che si rispettino: continueremo imperterriti fino alla fine.
foto Wilma Guerrini



 

domenica 6 novembre 2022

L'universo coi piedi per terra

Low’s Mimi Parker, April 2005 (Stefan M. Prager/Redferns)

 Uno dei grandi gruppi di questi ultimi trent'anni sono stati i Low. Dico "stati" perchè purtroppo un brutto male si è portato via Mimi Parker, fondatrice e essenza del gruppo assieme al marito Alan Sparhawk. Venivano dalla fredda Duluth (Minnesota) e facevano una cosa che qualcuno ha chiamato slowcore, cioè un indie rock iper-rallentato con le melodie a due voci più belle che si siano mai sentite. Chiaramente il punto di partenza poteva essere individuato in certe cose tipo di Neil Young, ma il punto di arrivo era qualcos'altro. Pupilli del compianto John Peel (che aveva l'occhio buono), nonostante le premesse non fossero propriamente quelle di diventare un gruppo da classifica qualche soddisfazione se la sono tolta: io, per dire, ho avuto la fortuna di vederli aprire per i Radiohead. Gli ultimi due dischi sono riusciti a superare la classica formula chitarra distorta / canto celestiale, introducendo rumori inauditi e facendo emergere la bellezza dal caos: i critici hanno gridato al miracolo e obiettivamente ci siamo vicini. Ci hanno fatto sentire l'universo tenendo comunque i piedi sempre ben piantati per terra.

giovedì 27 ottobre 2022

BCNR, friends forever

Tempo fa ho fatto uno strano sogno su un gruppo di giovanotti dal nome Black Country, New Road. Di recente mi è capitato di sognarli ancora e nei miei sogni è successo questo: dopo l'uscita di un secondo album forse ancora più bello del primo, hanno perso per strada il loro vocalist per problemi di salute. E in una situazione del genere (che avrebbe steso chiunque) cosa hanno fatto? Si sono rigenerati come Doctor Who (da bravi inglesi) e hanno intrapreso un tour mondiale portando in giro SOLO PEZZI NUOVI. Quello che normalmente dovrebbe rivelarsi un suicidio artistico ha prodotto invece quello che alle mie orecchie in dormiveglia appare un capolavoro. Grazie all'internet è circolato molto materiale audio e video (una volta si chiamavano bootleg) e i numerosi ascolti non hanno modificato la mia impressione. Intanto si sono spartiti le incombenze al microfono e probabilmente anche quelle compositive, data l'evidente varietà del materiale proposto (che risulta più accessibile di quello della "prima fase" ma non per questo meno valido). Dentro ci sento il solito post-rock ma anche i Velvet Underground (sia musicalmente che come attitudine), Brel-Sinatra-Walker e compagnia cantante, i Radiohead, i Roxy Music, i Soft Machine, la musica da camera, il folk celtico, eccetera. Soprattutto questo sogno (perchè, sinceramente, nel 2022 questo non può essere altro che un sogno) mi fa venire voglia di tornare giovane e trovarmi dei compagni di viaggio con cui fondare una band con la faccia tosta di questo branco di fighetti prog. Look at what we did together, BCNR, friends forever.

lunedì 26 settembre 2022

Hai visto mai

 

 

 

 

 

 

 

 

"Ciao raga"
"Ciao Gio"
"Guardate un po' che ho trovato"
"Che è?"
"Boh, era per strada, quarcuno l'avrà perduto"
"Ma che tu raccatti la roba per strada adesso? Annamo bene"
"Mi pareva una cosa di valore"
"Ecco brava, portalo in banca"
"A me piace, guardate, c'è una scritta"
"E che c'è scritto?"
"Democrazia"
"Oddio me stai a fa' veni' male alla capoccia! Che, siamo tornati a scuola?"
"Nun capite gnente, a me piace e me lo tengo"
"Contenta tu"
"Lo metto sulla scrivania, e guai a voi se me lo toccate che se se rompe vi gonfio"
"E come no? Magari invece dentro ce sta la sorpresa"
"Ve la do io la sorpresa"
"E vabbè. Aperitivo?"
"Occhei"
"A proposito, se vuoi possiamo passa' vicino ar cassonetto, magari trovi quarcosa d'artro"
"Ma chi me l'ha fatto fare d'anna'n giro co' ggente come voi?"
"Ha parlato l'imperatrice"
"Hai visto mai"

venerdì 23 settembre 2022

Ogni città

 

 

 

 

 

 

 "Dobbiamo fare Ogni città" ha proferito Pappi ieri durante le prove per una ipotetica prossima performance dei Capra & Cavoli. Non è la prima volta che succede, ma forse sarebbe proprio il momento di passare all'azione. Il pezzo in questione in realtà si chiama Non a Nottingham (versione italiana di Not in Nottingham di Roger Miller) ed è tratto dal film Disney Robin Hood del 1973. E' un desolato country eseguito dal Cantagallo (con la voce di Gianni Marzocchi) mentre si trova in galera durante i tempi cupi del Principe Giovanni. Probabilmente per la nostra generazione (più o meno i nati nei secondi sessanta) è stato il primo embrionale momento di coscienza civile. Non ce ne siamo resi conto subito ma oramai era tardi: eravamo destinati ad essere dei perdenti, accettando la sconfitta con dignità senza comunque perdere la speranza di un futuro migliore. E il presente? Guerre, pandemie, emergenze climatiche, carovita, ingiustizie sociali. E governanti che cavalcano ignoranza, paura e frustrazione. E noi che si fa? Si canta. 

Non a Nottingham 

Ogni città 
qualche guaio ha 
ma qua e là 
c'è serenità 
ma non a Nottingham. 
Com'è triste subir 
questa tirannia 
e non poter volare via 
dopo tanto pianto, 
dopo aver sofferto tanto. 
Forse un po' di gioia tornerà 
ma non a Nottingham.

giovedì 30 giugno 2022

Caterina Cespuglio e la macchina del tempo

Strane cose avvengono nella cultura pop di questi anni, e la più strana di tutte è trovare in cima alle classifiche un brano di Kate Bush del lontano 1985. Running up that hill è stata utilizzata in modo magistrale nella quarta serie di Stranger Things ed è diventata virale fra gli adolescenti di tutto il mondo. Come è potuto succedere? Quante volte sono state utilizzate canzoni "vintage" in spot pubblicitari, film, eccetera senza ottenere un risultato del genere? Saranno i tempi tristi che stiamo vivendo a far scattare l'effetto nostalgia transgenerazionale? Secondo me no. Il pezzo è contenuto nell'album più "eighties" di KB, quell'Hounds of love realizzato con profusione di Fairlight/LinnDrum/sequencer e via dicendo. Fu un grande successo ma niente avrebbe fatto presagire il botto di quest'anno. La verità, probabilmente, è che Running up that hill è una gran canzone. Punto. Quando uscì avevo l'età giusta per apprezzarla ma in quel periodo la mia attenzione volgeva altrove, verso i classici della controcultura rock e gli outsider del momento. In quel disco di Kate Bush c'era però Cloudbusting, che mi è sempre stata cara grazie anche ad un video very british con l'amerikano Donald Sutherland, basato sulle peripezie di Wilhelm Reich e suo figlio Peter alle prese con la macchina acchiappanuvole. A questo punto, però, è chiaro che la nostra Kate ci ha fregati tutti: altro che acchiappanuvole, quella non era altro che una macchina del tempo (non atmosferico) che le ha permesso di scavallare i decenni e arrivare fresca come una English rose ai nostri giorni per salvarci dai mostri (reali) del Sottosopra.

martedì 28 giugno 2022

Dove il mondo è diverso

"Nun me ricordo più gnente" è la frase che io e Marlo sentimmo pronunciare a Bologna da un cadetto di Modena in uniforme delle grandi occasioni, giunto in loco per una parata o qualcosa del genere. Ci accompagna da allora (1995) e si sta lentamente trasformando da innocente intercalare a tangibile realtà. Tutte le performance (su palchi grandi o piccini, con o senza pubblico, squallide o ispirate) si mescolano ormai in una unica scaletta fatta di canzoni, chiacchiere, false partenze, problemi tecnici, momenti involontari di puro genio ed epiche figuracce. Il tema del Festival delle arti di Cervia quest'anno era "Sapore di sale sapore di mare" e abbiamo nominato la nostra serata "Dove il mondo è diverso". Sicuramente la nostra proposta è per definizione "diversa" e, come giustamente mi faceva notare Miguel (MM40), la diversità fra un brano e l'altro di quelli proposti durante le nostre esibizioni può spiazzare (e far scappare) gli astanti non particolarmente amanti dell'eclettismo. Effettivamente il fricandò è sempre abbastanza ricco: brani di Gino Paoli, brani dal nome "ginopaoli", canzoni per bambini, dialetto romagnolo, psichedelia da quattro soldi, cover molto conosciute ma - sempre citando Miguel - tra le più tragiche del repertorio saccheggiato, battute che capiamo solo noi e a volte neanche, eccetera. Il bello è che a me pare tutto sensato! Che fegato. Comunque la vecchiaia, la stanchezza, la disabitudine e tutto il resto conferiscono ad ogni serata una svagonata di autenticità che consente al nostro messaggio (qualunque esso sia) di arrivare spesso a destinazione, colpendo nel mucchio qualcuno che magari (bontà sua) aveva bisogno proprio di quello. Non finirò mai di ripeterlo: questa è te-ra-pia. Va beh, basta con la psicanalisi: per fortuna che l'altra sera Gnelez ci ha dato una mano a montare la baracca aiutandoci anche a risolvere il problema della cassa solitaria (una delle due è cioccàta quando l'abbiamo collegata all'impianto): la soluzione era ovvia: io a destra, Marlo a sinistra e cassa nel mezzo a mo' di totem. Non dobbiamo mai dimenticare di ringraziare vecchi e nuovi amici e compagni di viaggio, perchè il senso della questione sta tutto lì.

domenica 19 giugno 2022

Perseo persevera per sè

Il nuovo extended play dei Salti di scimmia (io con la fondamentale aggiunta di San Duna al mixer) si chiama Perseo persevera per sè e si compone di tre brani. Perseo persevera per sè: roba tipo R.E.M. (tipo, non esageriamo) ispirata dal rover Perseverance, tutto solo (?) su Marte ad incarnare lo smisurato ego di noi insignificanti microrganismi sotto sotto ancora convinti che il sole ci giri intorno. Tropa dopa: roba tipo post-punk dei poveri (beh, tutto è post-punk quindi questa ci sta) ispirata dalla mirabolante scoperta che ognuno ha il suo tipo di droga e ne fa uso per combattere il logorio della vita moderna (a volte esagerando per eccesso, ahia). Noto: roba tipo Ligabue (no, dai, scherzo) ispirata dal tempo che passa spietato, costringendoci ad aprire gli occhi godendocela finchè dura. La terapia Salti di scimmia continua. https://www.jeanfabry.net/audio/Salti%20di%20scimmia%20-%20Perseo%20persevera%20per%20s%C3%A8.zip

Then i feel nothing

Se la vita fosse un film (e a volte lo è, altrimenti non si spiegano certi accadimenti), ciò che è successo a me e Roto la sera dell'otto giugno potrebbe essere una specie di scena finale della pellicola "C'era una volta il Covid". Colonna sonora non di Morricone, bensì dei Dinosaur Jr: nella splendida cornice dello spazio DumBO di Bologna un gran bel concerto di Mascis, Barlow e Murph, tanta gente giovane (bambini!), qualche vecchio reduce (io e Roto!), zero mascherine, back in 2019. Ora, in realtà sappiamo bene che la pandemia è ben lungi dall'essere finita, ma pare che le armi a nostra disposizione stiano funzionando quindi anche un iperprudente come me riesce a sentirsi più libero pur con il brivido del rischio. Ovviamente, con buona pace dei miei amici "indecisi", la frase precedente chiarisce la mia posizione riguardo all'intera faccenda e francamente sono stati anni talmente estremi e dolorosi che preferirei non entrare ulteriormente in argomento. A proposito di dolore, come dice la canzone? I feel the pain of everyone then i feel nothing. Beh! Qualche ora da slacker-fuori-tempo-massimo mi ha fatto bene, dai.

domenica 27 febbraio 2022

Contronatura

foto Gianni Zampaglione
Eccomi qua, buffo-ometto-con-chitarra nella piazza della mia piccola città occidentale (denominata Russi, bizzarra coincidenza che strappa un sorriso amaro) a cantare Blowin' in the wind. Il me stesso ventenne (che fece il servizio militare obbligato dalla famiglia e incapace di autodeterminarsi a sufficienza) vedrebbe in questo un segno di coerenza e fedeltà ai principi della nonviolenza, mentre per il me stesso col barbone grigio la questione è più complessa. Ma è mai possibile che ai tempi del #metoo-blacklivesmatter-cyberbullismo-eccetera ci sia qualcuno che con i soldatini, i carri armati e le bombe va a casa degli altri spazzando via vite, dignità, civiltà? La sindaca di Russi ha giustamente detto di non voler vivere nel 1939 ma nel 2022, perchè nonostante tutto certe faccende dovrebbero far parte di un passato da non ripetere. E' chiaro che (come successe con l'ex Jugoslavia) questa guerra in Ucraina a due passi da casa ci colpisce maggiormente rispetto agli innumerevoli conflitti attivi in tutte le parti del mondo. Pensavamo ormai di essere al sicuro, dopo che i nonni ci avevano trasmesso dosi massicce di anticorpi: abbiamo continuato a ricordare la Liberazione ogni anno a costo di sembrare inutilmente noiosi e fuori moda; abbiamo persino digerito il concetto di guerra difensiva, ricordando le strazianti lotte partigiane; abbiamo circoscritto l'istinto belligerante alle manifestazioni sportive (nonostante ogni tanto anche lì facciano capolino comportamenti da censurare); abbiamo cercato di trasmettere i valori della solidarietà, della convivenza civile, del rispetto. E quindi? Beh, bisogna semplicemente continuare così. Sappiamo che minuscole guerre di potere avvengono quotidanamente in tutti i nostri ambienti di vita, sappiamo che il benessere materiale di qualcuno si fonda sullo sfruttamento altrui, forse stiamo cominciando addirittura a capire che i movimenti migratori non si basano sul portarci-via-la-nostra-roba e basta. Mettersi d'accordo senza spaccarsi la testa conviene a tutti. Se poi qualcuno allarga le braccia tirando in ballo la natura umana, prendendo un po' troppo sul serio ciò che proclamava ironicamente il grande Bracardi ("L'uomo è una bestia!") allora è proprio giunto il momento di andare contronatura.

mercoledì 19 gennaio 2022

Insert coin

scena: pensierosa serata in abitazione romagnola al tempo del Covid

Chissà se è proprio vero che si cambia. Cioè: uno magari ci spera, no? Voglio dire, con tutte le cazzate che si fanno nella vita (più o meno volute) a me resta sempre accesa la fiammella della redenzione, del migliorarsi, dello sbagliare per imparare. Penso ad episodi non edificanti della mia esistenza e mi dico: dài, oramai non sei più quella persona, ogni tua singola cellula è nuova di pacca, restano solo ricordi di ricordi, una memoria revisionata al passo col tempo presente. Ma non è che sia questo il punto? Non è che si rimanga sempre uguali a se stessi, geneticamente portati a raggiungere le stesse destinazioni pur percorrendo strade di volta in volta differenti? Non è che siano gli scenari diversi a darci l'illusione della progressione? Non è che interpretiamo erroneamente il rallentamento cognitivo come una forma di maturità o addirittura di saggezza? Forse da vecchi si è in grado di insegnare qualcosa ai più giovani per una mera questione di esperienze pregresse: grazie al cielo poi dopo un po' non ci ascoltano più e si infilano per la loro strada, a vele spiegate verso i loro, di errori (che i nostri son roba pallosa già vista milioni di volte). Da giovani si pensa di riuscire a ribaltare il mondo e raddrizzare i torti, è naturale e biologico. Se uno guarda la storia nel suo complesso si possono facilmente notare una miriade di passi in avanti verso una società "migliore", ma tutto è relativo: magari per qualcuno certe conquiste sono aberrazioni e se fosse per lui... E poi, quale "storia"? Quella umana? Quella occidentale? Quella del progresso scientifico? Quella dei massacri in nome di inesistenti divinità o ben più concreti interessi economici? Ok, me ne sono accorto da solo: questo è pessimismo, è il solito bicchiere mezzo vuoto, è quello che è. Però.

scena: il giorno dopo, stessa abitazione romagnola al tempo del Covid

Improvvisamente, è tutto chiaro. E' bastata una partita a Phoenix. Cos'è Phoenix? E' uno sparatutto da sala giochi inizio anni ottanta ed è sempre stato il mio preferito, fin dalla musica iniziale (la malinconica "Romanza anonima" famosa come "Giochi proibiti", invece di una qualsiasi marcetta battagliera). Phoenix come Fenice, che muore e rinasce sempre come da eterno copione. Ecco dove siamo: dentro una partita a Phoenix, in cui ammazziamo, veniamo ammazzati, compiamo imprese eroiche, facciamo le immani cazzate di cui parlavo all'inizio, superiamo man mano i vari livelli solo per poi ricominciare da capo, con sfumature sempre diverse ma con lo stesso mostro alieno da affrontare ancora e ancora e ancora. Poteva andare molto peggio. Potevamo essere dentro Pac-Man.