mercoledì 30 luglio 2025
Paura 'e niente
Qualche tempo fa, in casa, mi si consigliava caldamente l'ascolto di un determinato disco ed io, dall'alto del mio patentino di UNICO CONOSCITORE DELLA MUSICA IMPORTANTE, non dico di aver snobbato il consiglio ma di averlo comunque - diciamo così - messo in fila con gli altri. Quando è giunto il suo turno, il disco in questione si è rivelato come me lo si dipingeva: un classico immediato. La musica popolare è fatta sia di lente affermazioni che di esplosioni abbacinanti: sicuramente dipende anche dalla predisposizione di chi ascolta, ma c'è qualcosa, nei grandi dischi, che li fa arrivare subito e li fa rimanere per sempre. Sarà il momento della creazione, saranno le circostanze, sarà quel che sarà: gli esempi sono molteplici. Per ovvi motivi, il ragionamento è chiaramente più applicabile alla singola canzone (i cosiddetti "successi") ma ogni tanto spunta fuori un intero album davanti al quale ci si ferma e ci si meraviglia ad ogni ascolto.
Flashback: giusto trent'anni fa, il 25 aprile, io e Marlo ci trovavavamo a Lemizzone di Correggio per il concerto Materiale Resistente. Al termine della performance dei nostri amici Yo Yo Mundi attaccò a piovere e le rimanenti esibizioni previste furono annullate. Siccome non volevamo tornare a casa ci dirigemmo in quel di Parma dove suonavano gli Almamegretta freschi del loro lavoro migliore: Sanacore, in cui dub e dialetto napoletano si fondevano in modo magistrale. Fu il mio primo serio sconfinamento partenopeo. Trent'anni dopo è arrivata La Niña.
Non cadrò nella trappola "la canzone napoletana si rinnova" perchè sarebbe ingiusto e limitativo, un po' come parlare di "cantautorato al femminile". Come? C'è chi ancora lo fa? E pazienza. Allora: il disco si chiama Furèsta ed è un progetto (chiedo scusa per la parolaccia) di Carola Moccia e Alfredo Maddaluno, che da un po' mescolano linguaggi, suoni, stili. A 'sto giro è venuta fuori una manciata di canzoni in cui sì, si canta in napoletano e sì, ci sono gli strumenti tradizionali locali abbinati all'elettronica, ma - si può dire? - chi se ne frega degli stereotipi fuorvianti: questo è un lavoro dal respiro universale. I pezzi (molti di breve durata, tutti strutturalmente semplici e con melodie che ti saltano addosso) sono uno più bello dell'altro, gli arrangiamenti e la produzione fatti apposta per cantare e/o zompare tarantolati (dài, consentitemene almeno uno, di cliché) e le armonie vocali sono l'asso di briscola: nel mio caso sono state la prima cosa che mi ha steso, riportandomi alla mente l'effetto che mi facevano certe voci bulgare di Goran Bregovic (dal vivo le suddette armonie sono rese alla perfezione grazie all'apporto delle tre cantanti-musicanti Francesca Del Duca, Lydia Palumbo e Denise De Maria). Ecco, anche se per gusto personale tenderei a non separare mai testi e musica, devo dire che le tematiche dei singoli brani contribuiscono a connotare ulteriormente ognuno di essi, creando un mondo in cui convivono i sentimenti e la denuncia sociale, il terremoto (quello fuori e quello dentro), gli animali (in primis gatte e gazze), la luce e l'oscurità. Chissà poi se volontariamente o no, ma La Niña ha dato vita ad un inno come Figlia d' 'a tempesta, in grado di scuotere le coscienze sulle tuttora presenti disparità di genere. Altro pezzo da novanta Guapparìa, tanto per ricordare che "i guappi non stanno per strada, stanno al governo". Non la manda a dire, La Niña, usando potentemente voce e tammorra per svegliarci dal torpore. Nel giro di un mese l'ho vista tre volte in concerto, mi ha rinfrescato la memoria ricordandomi il potere salvifico dell'arte - per chi la fa e per chi ne fruisce. Non è dato sapere come proseguirà il percorso artistico di questa splendida crew, ma una cosa è certa: Furèsta rimarrà sempre lì, sempre pronto a farsi ascoltare per insegnarci a non avere più paura di niente.
domenica 13 luglio 2025
It's an english thing
domenica 6 luglio 2025
Choses à faire à Paris pendant un orage
Ogni tanto mi faccio prendere dall'entusiasmo e mi butto senza vergogna. Sono viaggi spazio-temporali non adatti ad uno della mia età, ma tutto sommato il più delle volte ne esco bene. Per dire, l'altro giorno ad un certo punto mi son trovato a vagare per le vie sottostanti al Sacro Cuore di Parigi in cerca di uno straccio di spuntino vegetariano (non dico vegano perchè, insomma, en France oeufs et fromage fanno parte della formula chimica dell'aria da respirare) e, trovato uno squallido sandwich sono tornato alla mia destinazione iniziale. Qui la questione si fa interessante perchè la mia destinazione iniziale era fuori da Le Trianon, in fila assieme ad un mucchio di ragazze dell'età di mia figlia (la quale figlia era lì pure lei, altrimenti il mio atto sarebbe obbiettivamente apparso ancora più bizzarro) in attesa del concerto di Jasmine.4.t e Lucy Dacus. Come sono finito lì? La farò breve. più o meno dai tempi del lockdown (no, dai, giuro, la farò breve sul serio) ho scoperto una serie di nuovi artisti di cui mi sono infatuato, in una sorta di terza o quarta giovinezza "musicofila". Ecco una succinta lista, e non mi si prenda troppo per il culo perchè - si sa - al cuor non si comanda: Idles, Billie Eilish, Sleaford Mods, Dry Cleaning, Black Country, New Road, Wet Leg, Caroline Polachek, Courtney Barnett, Coma_Cose, Madame, English Teacher, eccetera. Lo snodo cruciale di questa mia ricaduta nel fanatismo è stato però uno in particolare: incuriosito da una o due cover buttate là (tipo Black boys on moped di Sinead O'Connor) mi sono avvicinato a Phoebe Bridgers e al suo disco Punisher. Boom. Una volta superato lo straniamento dovuto al fatto dell'ascoltare con gusto musica fatta da gente-che-potrebbe-essere-mia-figlia, da Punisher sono passato al resto della discografia e al vortice delle collaborazioni. La più importante di queste ultime è senz'altro il progetto Boygenius assieme a Julien Baker e, appunto, Lucy Dacus. Il briciolo di spirito critico residuo mi consente ancora di avere contezza di cosa mi piaccia di più o di meno: per esempio, all'interno dell'universo Boygenius l'ultimo Dacus è buono ma non come i precedenti, mentre l'album di Jasmine 4.t. (una produzione del trio) mi è parso notevole e son stato ben contento di apprezzarne una buona parte dal vivo in qualità di opener. Gran bel doppio concerto, dunque: sono ovviamente emerse fra un pezzo e l'altro le recenti tematiche sociopolitiche che scuotono il nostro piccolo misero mondo e, pur condividendo in toto le posizioni espresse sopra e sotto al palco, non sono stato condizionato nel godere dell'aspetto prettamente artistico. Sarà anche il solito indie-alternative-pop-folk-rock che ascolto da sempre, ma il trasporto con cui lo interpretano le giovani generazioni scalda il cuore. E così si esce leggeri da Le Trianon, buttandosi nell'aria fresca di una Parigi appena attraversata da una tempesta, con in testa ancora il finale di Night Shift, miracoloso mantra lenitivo per cuori infranti eseguito come da prassi a chitarre sguainate e ugole oltre il muro del suono.
You got a 9 to 5, so I'll take the night shift
And I'll never see you again if I can help it
In five years I hope the songs feel like covers
Dedicated to new lovers
Lucy Dacus, "Night Shift"
sabato 7 giugno 2025
Sarà l'aria di Duluth
![]() |
le foto sono di Elisa Magnoni (lostingroove) |
sabato 31 maggio 2025
Graffette
I Pavement mi hanno accompagnato lungo tutti gli anni novanta. Letteralmente: li ho visti la prima volta a Cesena di supporto ai Sonic Youth nel 1992 e l'ultima volta nel 1999 al Velvet di Rimini. Detta così sembra che si stia parlando di un gruppo indie romagnolo e invece erano mmerecani fino al midollo, tant'è che all'inizio li avevo sottovalutati nonostante l'hype ("Ma dài, 'sta roba l'hanno già fatta i Velvet Underground venticinque anni fa!"). Poi, però, mi sono arrivate LE CANZONI, da Summer babe a Here, da Cut your hair a Range life, eccetera, eccetera. Da alfieri inizialmente del cosiddetto lo-fi (movimento fondamentale ma che ha generato anche un bel po' di munnezza non riciclabile) ad ultimi rappresentanti del rock delle origini - sì, compresi gli assoli di chitarra, caricaturali e parossistici ma allo stesso tempo genuini e carichi a balestra. E poi ovviamente il cantato di Stephen Malkmus, sempre sul punto di prenderti per il culo e invece pieno di sincero trasporto emotivo, in grado di farti ridere e piangere allo stesso tempo. Li ho vissuti con nostalgia in tempo reale, non so se riuscirò a spiegare la cosa decentemente: ha a che fare un po' con ragioni mie anagrafiche (la fin troppo lunga adolescenza stava volgendo al termine) e un po' perchè anche loro, secondo me, si rendevano ben conto di incarnare la fine di un mondo: quello pre-internet, pre-social, in cui tutto pareva più semplice, più netto, con un orizzonte ben visibile nella sua limitatezza (sarò banale, ma mi sembrava un mondo molto sovrapponibile a quello di "The Truman Show", altro caposaldo della cultura pop fine novanta). Ci si apprestava a cambiare pelle, insomma, senza sapere cosa si sarebbe diventati: ora che lo sappiamo, aneliamo disperatamente al tornare indietro fino ad una presunta innocenza perduta (spoiler: non è mai esistita). Così, in questi tempi confusi, sono tornati persino i Pavement: col meta-film "Pavements" e nel riflusso della rete con b-sides diventate inaspettatamente virali (Harness your hopes). In realtà - si può dire? - non se ne erano mai andati, come tutto ciò a cui ci si aggrappa (inutilmente) dentro al vorticante tornado in cui ci è dato di vivere. Ah, da qualche parte ho ancora una delle graffette che il loro primo batterista (l'indimenticato Gary Young) distribuiva all'ingresso dei concerti: forse lui aveva proprio capito tutto e prima o poi - chissà - quella graffetta finirà col salvarmi la pelle.
lunedì 30 dicembre 2024
Tre per otto ventiquattro
Primi
Kim Deal - Nobody Loves You More
Billie Eilish - HIT ME HARD AND SOFT
English Teacher - This Could Be Texas
Beth Gibbons - Lives Outgrown
Marika Hackman - Big Sigh
Margaux - Inside The Marble
The Cure - Songs Of A Lost World
Vampire Weekend - Only God Was Above Us
Secondi
Katie Gavin - What A Relief
Kim Gordon - The Collective
Il Sogno Del Marinaio - Terzo
Alan Sparhawk - White Roses, My God
The Hard Quartet - The Hard Quartet
The Smile - Wall Of Eyes + Cutouts
Underworld - Strawberry Hotel
Nilufer Yanya - My Method Actor
Contorni
Idles - TANGK
King Hannah - Big Swimmer
Lambrini Girls - You're Welcome
Melt Banana - 3+5
O. - Weirdos
Pixies - The Night The Zombies Came
Pylon Reenactment Society - Magnet Factory
X - Smoke & Fiction