giovedì 26 dicembre 2024

Scatole

Mentre mi accingevo a differenziare i rifiuti post-natalizi, non ho potuto fare a meno di notare che la maggior parte di essi era costituita da scatole di cartone. Codeste scatole erano ovviamente quelle relative agli acquisti online, cioè il fulcro della cosiddetta civiltà occidentale. Come frequentemente mi capita, quando sono in zona cassonetti vengo travolto da lancinanti dubbi filosofici chiedendomi cosa sto facendo, qual'è il mio ruolo nel mondo e chi cazzo lascia il rusco FUORI dal cassonetto invece che DENTRO al cassonetto. La mia misantropia si è oramai stabilizzata su "discreta" e oscilla fra general-generiche profezie di imminente estinzione e botte visionarie di futuri in cui il lupo e l'agnello vanno in vacanza assieme (e tornano entrambi vivi). Oggi però, purtroppo sono sul grigio andante e a scopo terapeutico butterò giù due allegre righe di lamento gratuito farcito di luoghi comuni. Pronti? Via! Volendo, non c'è bisogno di accedere alle molteplici fonti di informazione per sapere cosa-succede-nel-mondo: è sufficiente, in questa benedetta isola felice, buttare un occhio ai bidoni davanti a casa. Molto istruttivo. Intanto emerge subito che, a parte gli accumulatori seriali, la ggente COMPRA e BUTTA a ciclo continuo. Dice, bene così si crea occupazione. No, sono ormai decenni che l'occupazione non è qui, bensì in posti dove la schiavitù è ancora un valore fondante. Dice, beh tanto si ricicla. Certo, si ricicla se differenzi per bene altrimenti tocca bruciare tutto, possibilmente in modo illegale nei posti di cui sopra. Dice, eh però spesso le confezioni dei prodotti sono multimateriale ed è complicato separare tutto. Vero, allora certe cose magari proviamo a lasciarle sugli scaffali che forse la capiscono. Il problema è che se non c'è un qualsiasi guadagno prima di subito, nessuno fa il virtuoso e vincono comodità e dipendenza compulsiva: la famosa fidelizzazione del cliente è praticata sia dalle multinazionali che dal pusher dietro l'angolo. Ma torniamo alle scatole vaganti: siamo sicuri che 'sto sistema possa essere sostenibile ancora a lungo? Il giochino dei resi ("al massimo lo ridiamo indietro") rende ancora più appetibile cliccare per procedere all'acquisto. Dice: così non inquino andando in giro per negozi. Tranquilli, ad inquinare ci pensano i corrieri. Poi i negozi chiudono e i centri storici diventano finalmente delle Disneyland per turisti in cui è sufficiente piazzare i soliti quattro brand internazionali di fast food, che se ti distrai un attimo non capisci più se sei a Napoli o a Stoccolma. Per i nostalgici si possono ammucchiare un po' di punti vendita nei centri commerciali, però poi anche se ti rechi di persona in un negozio, non è raro che il commesso ti dirotti più o meno velatamente verso l'e-commerce. Oh, vien da dire che forse questa sia la logica conclusione della civiltà dei consumi: tutto a portata di polpastrello o comando vocale, prezzi folli accettati passivamente, quantità industriali di rusco nascoste sotto il tappeto, eccetera. In tutto questo va tenuto presente che noialtri bipedi senza piume e con poco pelo siamo otto miliardi e stiamo continuando a riprodurci forsennatamente. Magari questa cosa non avviene nel (sempre più) vecchio occidente, bensì (con sommo dispiacere di qualcuno) a un tiro di schioppo - letteralmente - da qui ed è sempre più frequente (e logico) trovarsi alla porta qualche "vicino" che bussa perchè ha finito il sale o lo zucchero. Le guerre, le pestilenze e le catastrofi climatiche non sono sufficienti a rallentare l'antropizzazione (che bella parola, sembra una malattia) quindi aspettiamoci a breve il patacca di turno che costruisca sulla luna qualche resort per miliardari. Ma niente paura: non si dimenticheranno della Madre Terra e ci regaleranno costantemente i loro rifiuti, così ogni volta che mi troverò davanti ad un cassonetto avrò modo di dedicar loro un affettuoso pensiero mentre mi libero di qualche scatola vuota. Idea: e se le facessero commestibili? La butto lì.

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