sabato 7 giugno 2025

Sarà l'aria di Duluth


Giusto sessant'anni fa, Bob Dylan si esibì al Folk Festival di Newport in quello che passò alla storia come il giorno in cui svestì i panni del menestrello-folk-voce-di-una-generazione per indossare quelli della rockstar-elettrica-traditrice. In realtà le cose, come spesso accade, non andarono proprio come dicono le leggende e da quel dì ognuno se l'è continuata a raccontare come gli pare. Una cosa è certa, però: Dylan in quell'anno cambiò stile in maniera piuttosto sconvolgente, abbracciando i nuovi suoni elettrificati e dando probabilmente origine definitivamente alla musica rock come la conosciamo (pop-rock, punk-rock, indie-rock, e via definendo). Ora, mettendomi nei panni di un fan del Dylan "acustico" chissà, forse anch'io avrei fatto fatica a comprendere "a botta calda" una simile svolta e mi sarei sentito preso in giro dal mio eroe dandogli del venduto se non peggio. Ovviamente, questa reazione ha a che fare con l'identificazione totale con un modello inesistente, azzera l'apertura mentale e sconfina pericolosamente nell'idolatria. Questa modesta conclusione mi è uscita perchè di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, la musica (forse) non è più COSI' IMPORTANTE e in più, ehm, sono vecchio. Ma veniamo al punto. Ah, perchè, non era questo il punto? No, anzi sì, ma aspetta che ti racconto un fatto. Allora: c'è quest'altro musicista nativo di Duluth, il buon Alan Sparhawk, che una volta sciolto il suo gruppo (i grandi Low) dopo la scomparsa della moglie Mimi Parker (batterista e altra voce della band) ha lentamente ricominciato a fare musica ed ha pubblicato di recente un paio di dischi solisti. Il primo ("White Roses, My God") è quello più sconvolgente perchè (e qui mi riallaccio a Dylan) annulla lo slowcore chitarra-basso-batteria dei Low in nome di suoni elettronici e -udite!- voce filtratissima con autotune, vocoder o come diavolo lo si voglia chiamare. Un piccolo trauma per i fans, anche se gli ultimi dischi a nome Low andavano comunque verso direzioni simili, anche forse più estreme (vedi soprattutto "Double Negative", con voci spappolate e white noise digitale a manetta). Ma qual'è l'elemento che differenzia WRMG da quei lavori? Mi sento di dire che quest'ultimo sia a tratti meno "serio" (spero di non essere frainteso nell'uso che faccio di questa parola) e "pericolosamente" virante verso sonorità emo-techno-trap (alè, l'ho detta) ergo quasi fuori tema in relazione al mood solitamente associato al nostro. In poche parole, aspettative qua e là un po' deluse: aridacci chitarra, voce e malinconia rumorosa, please. Bene, il secondo recente disco solista di Sparhawk con il gruppo folk Trampled By Turtles da cui il letterale titolo "With Trampled By Turtles" è proprio invece quello che voleva la ggente: sospiri di sollievo, "sbandata" perdonata e via ad un bel tour mondiale. Ho deciso di presenziare alla tappa al Locomotiv di Bologna con l'idea di un concerto alla vecchia maniera anche se, qualche giorno prima, scoprendo che il tour si chiamava White Roses Tour ho deciso di riascoltarmi il disco precedente, non si sa mai. Beh, la rinfrescata mi è tornata utile, perchè per tutta la prima parte dello show il nostro Alan ha performato con voce effettata sopra base electro proprio i pezzi di quel disco lì, saltando qua e là come un ossesso con una convinzione contagiosa. E difatti mi ha convinto: mi è piaciuto sia in codesta versione sia nella successiva versione classica. Effetto straniante ma positivo al tempo stesso, un po' come vedere due gruppi diversi di due mondi diversi ma -oplà- più uguali di quanto sembri. Hanno splendidamente fatto da collante il figliolo Cyrus (basso e voce) e il buon Eric Pollard (batteria e voce). Va detto che addirittura, rispetto ad altre date del periodo, dopo le due attesissime e commoventi cover dei Low ha voluto finire con un altro brano dritto dal disco delle rose bianche. Alla fine, solo belle sensazioni. Grazie Alan, per la svegliata che ci hai dato e anche per l'ottimo consiglio elargito fra un pezzo e l'altro: "Quando nella vita vi troverete in difficoltà tenete duro. Sapete perchè dovete tenere duro? Perchè ve l'ho detto io." Boh, sarà l'aria di Duluth.
le foto sono di Elisa Magnoni (lostingroove)

sabato 31 maggio 2025

Graffette

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


I Pavement mi hanno accompagnato lungo tutti gli anni novanta. Letteralmente: li ho visti la prima volta a Cesena di supporto ai Sonic Youth nel 1992 e l'ultima volta nel 1999 al Velvet di Rimini. Detta così sembra che si stia parlando di un gruppo indie romagnolo e invece erano mmerecani fino al midollo, tant'è che all'inizio li avevo sottovalutati nonostante l'hype ("Ma dài, 'sta roba l'hanno già fatta i Velvet Underground venticinque anni fa!"). Poi, però, mi sono arrivate LE CANZONI, da Summer babe a Here, da Cut your hair a Range life, eccetera, eccetera. Da alfieri inizialmente del cosiddetto lo-fi (movimento fondamentale ma che ha generato anche un bel po' di munnezza non riciclabile) ad ultimi rappresentanti del rock delle origini - sì, compresi gli assoli di chitarra, caricaturali e parossistici ma allo stesso tempo genuini e carichi a balestra. E poi ovviamente il cantato di Stephen Malkmus, sempre sul punto di prenderti per il culo e invece pieno di sincero trasporto emotivo, in grado di farti ridere e piangere allo stesso tempo. Li ho vissuti con nostalgia in tempo reale, non so se riuscirò a spiegare la cosa decentemente: ha a che fare un po' con ragioni mie anagrafiche (la fin troppo lunga adolescenza stava volgendo al termine) e un po' perchè anche loro, secondo me, si rendevano ben conto di incarnare la fine di un mondo: quello pre-internet, pre-social, in cui tutto pareva più semplice, più netto, con un orizzonte ben visibile nella sua limitatezza (sarò banale, ma mi sembrava un mondo molto sovrapponibile a quello di "The Truman Show", altro caposaldo della cultura pop fine novanta). Ci si apprestava a cambiare pelle, insomma, senza sapere cosa si sarebbe diventati: ora che lo sappiamo, aneliamo disperatamente al tornare indietro fino ad una presunta innocenza perduta (spoiler: non è mai esistita). Così, in questi tempi confusi, sono tornati persino i Pavement: col meta-film "Pavements" e nel riflusso della rete con b-sides diventate inaspettatamente virali (Harness your hopes). In realtà - si può dire? - non se ne erano mai andati, come tutto ciò a cui ci si aggrappa (inutilmente) dentro al vorticante tornado in cui ci è dato di vivere. Ah, da qualche parte ho ancora una delle graffette che il loro primo batterista (l'indimenticato Gary Young) distribuiva all'ingresso dei concerti: forse lui aveva proprio capito tutto e prima o poi - chissà - quella graffetta finirà col salvarmi la pelle.