lunedì 29 aprile 2024

Gli occhi di Kristin

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciò che balza subito agli occhi sono - appunto - gli occhi. E non è una questione estetica, si badi bene: sono occhi spiritati ma tranquillizzanti, roba che a Salem forse non l'avrebbe passata liscia. Quando poi da quel corpo minuto esce quel rantolo, così sgraziato e così intonato, mi rendo infine conto che sono davvero al cospetto di Kristin Hersh, uno dei pilastri della musica alternativa (si chiamava davvero così, giuro) dei miei tempi, ancora viva e propositiva come non mai. Prima nel ricordo del perdente perduto Vic Chesnutt, poi con i suoi pezzi che paiono tutti nati nello stesso medesimo istante, figli di qualcosa che non è dato capire ma si avverte come familiare e "spostato" al tempo stesso. Gratis in un'officina di biciclette, ecco dove ho finalmente visto Kristin Hersh, dopo che nel 1995 al Reading Festival l'avevo intravista - rasata a zero, con i Throwing Muses - in uno schermo gigante e nulla più, perchè le bottiglie di birra che avevo con me mi obbligarono a fare dietrofront all'ingresso dell'area concerti. Ogni cosa a suo tempo, comunque: grazie ai marchigiani del Fuori! Festival ho avuto la fortuna di poter ascoltare un piccolo pezzo di storia musicale contemporanea, coi suoi arpeggi fra gli Appalachi e Bert Jansch, la sua voce fra Edith Piaf e Kurt Cobain (questa mi è venuta così, chiedo scusa a tutti) e le sue canzoni fatte di vita, colori, pensieri e un po' di sano rumore.

Gli occhi di Hieronymus

La mia passione per Hieronymus Bosch risale agli anni novanta del secolo scorso, quando sposai pure io una serie di teorie secondo le quali il Medioevo a) era sottovalutato b) non era mai finito c) non era mai esistito. Al netto di queste pinzellacchere, va detto che era destino che prima o poi cascassi nella trappola del fiammingo psichedelico perchè ho sempre avuto un debole per i visionari virati al grottesco (dai fumetti, al cinema, alla musica, eccetera). E allora vai a cercare i dettagli più assurdi per perdercisi dentro, complice il mistero che circonda l'uomo e le sue opere. Fino a questo mese non ne avevo mai vista una dal vero e forse non l'ho ancora fatto, perchè il Laatste oordeel drieluik (Giudizio finale) al Groeningemuseum di Bruges è attualmente di dubbia attribuzione. Il primo aprile (ovviamente) ero comunque in loco e un brividino l'ho provato. Anche il Belgio fa parte dei posti che non esistono, ma tutto sommato l'ho trovato abbastanza realistico, con le sue patate, il suo cioccolato, le sue bande dessinées e - appunto - i suoi maestri dell'arte figurativa (da Magritte a Ensor, e ho detto poco). Da vecchio sto continuando a cavarmi qualche curiosità anche se ovviamente i miei occhi non vedono più quel che vedevano (o credevano di vedere) tempo fa. Dio solo sa cosa vedeva Hieronymus: per fortuna era in grado di fissare per l'eternità su delle tavole di legno qualcosa che forse non capiremo mai ma che, proprio per questo motivo, è ancora in grado di scatenare emozioni e voglia di andare oltre il malefico conformismo che ci circonda.

lunedì 15 aprile 2024

Trent'anni di zavaglio

 Il 15 aprile 1994 con la performance de I pappi dei pioppi (la band) a Borgo Fratti cominciò ufficialmente la nostra avventura. Dato che siamo ancora qui (più o meno allo stesso livello di allora) abbiamo pensato di celebrare (in)degnamente l'evento con la pubblicazione sulle varie piattaforme online dei nostri album Fruga nel rusco, La televisione non esiste e Celacanto. Man mano verrà reso disponibile anche il resto (è una minaccia). Oltre a ciò...