venerdì 9 agosto 2019
Papaveri a Stonehenge
Non sono un gran viaggiatore. Come tutti, ho sempre idealizzato posti più o meno lontani con l'intenzione prima o poi di visitarli per conoscere mondi diversi dal mio e incentivare la mia apertura mentale. All'atto pratico però, per raggiungere i medesimi obiettivi, mi sono sempre "accontentato" della Romagna, dell'Emilia e tutt'al più della Toscana. Dice: l'importante non è la meta, è il viaggio. Beh, allora di viaggi me ne sono fatti anche troppi e sono stati anche educativi, oltre che ricreativi. Il mio limite è sempre stato quello geografico e ormai non ho più l'età per un certo tipo di approccio. Con un certo sforzo, nell'ultimo decennio ho comunque affrontato qualche (banale?) sortita a Parigi e a Londra e devo dire che qualcosa mi son comunque portato a casa. Arrivando al punto: la settimana scorsa ero a Stonehenge. Se ci fossi andato con la testa dei vent'anni avrei avuto visioni mistiche di druidi volanti e sarei stato convinto di sentire musica rituale preistorica proveniente da ogni angolo della piana. Oggidì, i miei occhi da vecchio hanno visto l'ennesima processione di gente di ogni parte del globo intenta a farsi un selfie senza manco darsi la possibilità di fare un bel respiro profondo e capire dov'erano. Con tutto il rispetto, potevamo essere alle saline di Cervia che era uguale, ecco. Ovviamente anch'io ho fatto le mie brave foto e miei bravi video per poter dimostrare (soprattutto a me stesso) di essere stato in prossimità di quei pietroni. Però, qualcosa di importante mi è successo. Mi sono reso conto finalmente di essere ad un'altra latitudine (quindi lontano dai miei posti) perchè tutt'attorno c'erano grano e papaveri. In agosto! Lo so che son scemo, ma mi ci è voluto questo dettaglio per rendermi conto di essere veramente via da casa. Da bravo pessimista, ho però cominciato a provare pena per questo piccolo pianeta tondeggiante, da noi sfruttato e spremuto fino all'ultimo come se le sue risorse fossero eterne. Ho realizzato che con i voli low-coast lo abbiamo trasformato in una enorme Mirabilandia dove collezionare il maggior numero di attrazioni possibile piantando la nostra bandierina per farlo poi sapere a chiunque (soprattutto agli sconosciuti, basta che mettano un bel like), sentendoci rassicurati dai familiari marchi commerciali, uguali dappertutto, da Salisbury a Russi. Poi scriviamo diligentemente i giudizi sui social con l'intenzione un po' delatoria e impicciona di "aiutare" altri come noi a non rischiare, non sbagliare, non sporcarsi, non fare brutte figure. No surprises! Nel bel mezzo di questi allegri pensieri, è giunta provvidenzialmente in mio soccorso l'ultima riserva di romanticismo naif che tenevo da parte per occasioni come queste: ho finalmente apprezzato l'immensa distesa di rotoballe britanniche (uguali alle nostre, ma vuoi mettere?) e i cartelli stradali sbirciati dal finestrino che spalancavano immense praterie nel mio cervello arrugginito: Yeovil (PJ Harvey!), Bristol (Portishead! IDLES!), Swindon (XTC!), Reading (Reading!) e via di psicogeografia musicale. Quando poi dalla radio del pullman invece di Vasco Rossi è partita Teenage kicks sono stato persino contento.
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