mercoledì 31 marzo 2010

Il senso della vita

Io sto bene, come dicevano i CCCP negli anni ottanta. A dire il vero dicevano anche: io sto male. Poi dicevano altre cose ancora, ma non voglio tergiversare. Cioè, in realtà voglio tergiversare ma non vorrei che si capisse subito. Quando Pappi mi fece ascoltare per la prima volta i CCCP (ottantacinque, ottantasei) fu come atterrare su un altro pianeta. Io non ascoltavo praticamente niente di italiano, solo classici del pop/rock angloamericano (che poi è quello che avevano ascoltato i CCCP fino al giorno prima). La canzone italiana era il nemico, era Sanremo, era il Festivalbar, era la balera. Beh, ora scrivo canzoni in italiano. Da tanti anni, ormai. Vado in giro con i Jean Fabry, il gruppo che ci siamo dovuti inventare perchè il resto non ci bastava più. Siamo senza speranza, quando va bene strappiamo qualche sorriso benevolo e poco altro. A me però piace, suonare nei Jean Fabry, e credo/spero anche ai miei complici. Il vero Jean Fabry sarebbe orgoglioso di noi, alla sua stralunata maniera. Se ne è andato troppo presto, ma ci ha lasciato quel misto di incoscienza e di onnipotenza che hanno solo i bambini. Non voglio con questo cominciare a sparare cazzate sul ritornare bambini o tirar fuori il bambino che è in noi, voglio solo suggerire di guardarli, i bambini. Il ruolo di noi adulti è quello di inserirli nella società, ma il loro ruolo è quello di ricordarci chi siamo. Maledetta amnesia.